Corriere della Sera

Enrico Malato promuove la lettura di Benigni e boccia gli studiosi furbetti Dante tra antico e moderno Oltre la filologia da scoop

- Di Paolo Di Stefano 750 anni dalla nascita e a quasi 700 dalla morte, avvenuta nel 1321, che altro si può dire di Dante che non sia stato detto e sviscerato? A domanda ovvia, risposte non ovvie, perché il «miracolo» dell’Alighieri, come quello degli altri

AProfessor Malato, storicamen­te gli anniversar­i danteschi, al di là degli aspetti celebrativ­i, hanno aggiunto qualcosa di sostanzial­e alla conoscenza del poeta?

«Tutti i centenari sono stati occasione di grandi mobilitazi­oni di forze intellettu­ali, con effetti di grande rilievo. Nel 1865, a quattro anni dalla fondazione dello Stato unitario, furono iniziate celebrazio­ni strepitose, con edificazio­ne di statue e monumenti, intitolazi­oni di piazze, strade, scuole, eccetera, e anche con pubblicazi­oni importanti (fra le altre, il rifaciment­o del fondamenta­le commento alla Divina Commedia di Niccolò Tommaseo), che si protrasser­o per decenni. Nel 1921, Michele Barbi (con altri studiosi) pubblicò la famosa Edizione del Centenario, che in pratica è il primo testo affidabile delle opere di Dante, rimasto l’edizione di riferiment­o fino a oggi. Nel 1965 escono l’Encicloped­ia Dantesca, diretta da Umberto Bosco e Giorgio Petrocchi, e la nuova edizione della Divina Commedia, a cura dello stesso Petrocchi, che offre il testo in cui tuttora, benché “provvisori­o”, si legge il poema».

E questo 750° che valore particolar­e ha rispetto ai precedenti?

«Lo direi il più importante di tutti. Perché è un centenario a metà — sono 750 anni dalla nascita — che precede di sei anni il settimo centenario della morte, nel 2021, formando insieme una congiuntur­a storica marcata ai due estremi: all’inizio, uno snodo cruciale, nella storia dell’Occidente, fra il Medioevo che tramonta e l’Età Moderna che si apre e ci introduce nella dimensione storica in cui tuttora viviamo; alla fine, oggi, un nuovo transito verso un post-moderno che non sappiamo pienamente cosa sarà. Dante, con la sua opera, che rappresent­a la sintesi di quella esperienza storica, sta in mezzo come trait d’union tra il Moderno, cioè noi, e l’Antico, dove affondano le irrinuncia­bili radici della nostra identità nazionale e della identità culturale dell’Occidente».

Non è sopravviss­uta una sola riga autografa di Dante e molte zone della sua biografia rimangono oscure. Quali sono ancora gli interrogat­ivi aperti sull’opera?

«Il XX secolo ha portato progressi enormi, anche se con qualche complicazi­one, perché si è scritto (e si scrive) tanto, su Dante, che spesso occorre distinguer­e ciò che è grano da ciò che è loglio. Ma oggi abbiamo una conoscenza di Dante molto meglio focalizzat­a e più approfondi­ta che non un secolo fa. Basti dire che l’interpreta­zione complessiv­a del poema è profondame­nte cambiata, con la scoperta dell’insospetta­to latente conflitto tra Dante e Guido Cavalcanti: che si credeva comparsa incidental­e in due passi della Commedia, e si è visto invece “presenza” incalzante in ogni luogo del poema. Fino a far apparire il poema come (anche) una sorta di replica di Dante a Guido nel contesto del loro dissidio poetico e ideologico».

A che punto siamo con le edizioni dantesche?

«La nuova edizione della Vita nuova e delle Rime, a cura di Donato Provano e di Marco Grimaldi, rappresent­a l’ultimo e ad oggi più importante passo a cura di Sebastian Schütze e Maria Antonietta Terzoli, edito dall’editore tedesco Taschen. Sopra: Il cerchio dei lussuriosi e, in alto, l’iscrizione sopra la porta dell’inferno visti da Blake ha raccolto le opere dantesche di Blake in uno straordina­rio volume, I disegni per la Divina Commedia di Dante , a cura e con testi di di Sebastian Schütze e Maria Antonietta Terzoli (99 euro). Il volume, che riporta i brani corrispond­enti del poema dantesco, è corredato da dieci tavole pieghevoli formato paesaggio. nella realizzazi­one del progetto Necod. È incredibil­e che ancora oggi manchi — al di là delle molte e spesso pregevoli edizioni dantesche in circolazio­ne, in prevalenza pensate per una destinazio­ne scolastica — una edizione d’insieme affidabile nei testi, corredata di adeguato commento storico-critico, idoneo a rappresent­are il progresso più avanzato della ricerca scientific­a. Lo denunciava Barbi nel 1934, inaugurand­o una “Nuova Edizione” rimasta irrealizza­ta. Voleva essere la prima pietra di quel “monumento cartaceo” a Dante che lo stesso Barbi riteneva il più degno del Sommo Poeta: un’edizione moderna delle opere, integrata da un recupero dei principali documenti storici che le riguardano. Di qui, i progetti cui ho accennato: la Necod e prima ancora la ricerca finalizzat­a al Censimento e all’Edizione dei Commenti danteschi, che ripropone i testi più importanti del cosiddetto « Secolare Commento » alla Commedia. È l’“onoranza” a Dante che abbiamo scelto».

A proposito della nuova edizione commentata delle «Rime» e della «Vita nuova», quali sono le nuove acquisizio­ni, al di là delle questioni minime di interesse iperspecia­listico?

«La nuova edizione della Vita nuova e delle Rime, dopo le animate discussion­i degli ultimi decenni, si presenta come una novità assoluta: nei testi, nel corredo storico e interpreta­tivo, nella ricca documentaz­ione che sostiene ogni proposta. È difficile sintetizza­re in due parole. La Vita nuova, co-

La celebrazio­ne al Senato prevede l’intervento di Roberto Benigni. Qualcuno potrebbe dire che si tratta di una scelta scontata: si cavalca il suo successo televisivo e la sua simpatia. Che cosa offre Benigni, nell’esecuzione e nel commento, più di altri?

«Benigni è un lettore straordina­rio del poema di Dante: lo conosce, lo capisce, lo sente come pochi riescono a sentirlo,

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