Corriere della Sera

Quel taglio ai vitalizi già nel codice penale

Una norma più severa rispetto alla delibera delle Camere: la Sicilia l’ha usata contro Cuffaro

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ben presto al parlamento nazionale mentre in Sicilia il caso dell’assegno regionale all’ex governator­e divampa. Ardizzone chiede lumi all’Avvocatura locale, che a sua volta li chiede all’Avvocatura nazionale. Ottenendo una risposta inequivoca­bile: l’articolo 28 parla chiaro. Il condannato in via definitiva con la pena accessoria dell’interdizio­ne ai pubblici uffici non può percepire nessun assegno dallo Stato.

A scanso di equivoci l’Avvocatura ricorda che una sentenza della Corte costituzio­nale ha escluso da questa sanzione le pensioni. Ma argomenta che i vitalizi non possono in nessun caso essere equiparati alle pensioni, perche’ non derivanti da un rapporto di lavoro ma da un incarico elettivo. Il vitalizio di Cuffaro quindi salta, ma Ardizzone informa che la cosa non può limitarsi ai soli «onorevoli» siciliani i vertici di Camera e Senato. Dove nel frattempo il Movimento 5 stelle sta facendo il diavolo a quattro. E la cosa finalmente si mette in moto pure a Roma.

I partiti cercano di arginare la slavina. Chi propone una legge per farla finire su un binario morto. Chi invece vorrebbe almeno far scivolare il tutto a dopo le regionali. Ma il presidente del Senato Piero Grasso si impunta, e con lui la presidente della Camera Laura Boldrini. E dopo un diluvio di pareri discordant­i, ecco la delibera. Che però non fa riferiment­o al codice penale. Bensì alla legge Severino. La quale stabilisce, per ragioni imperscrut­abili, che l’incandidab­ilità scatti solo dopo una condanna ad almeno due anni. Così lo stesso limite viene previsto per la perdita (temporanea, s’intende) del vitalizio. Mentre invece l’articolo 28 del codice penale dice che l’assegno decade per il semplice fatto di essere condannati a una pena, non importa la durata, purché preveda l’interdizio­ne dai pubblici uffici. Automatica, anche in caso di pene inferiori a due anni, per reati come ad esempio il peculato. Con- clusione: applicando le regole della Regione siciliana costanteme­nte tacciata di furbizia e ipocrisia, anziché la legge Severino, chi ha avuto condanne più lievi, ma comunque disonorevo­li per un parlamenta­re, non si sarebbe salvato.

Invece i nostri parlamenta­ri perdono l’onorabilit­à, e quindi il vitalizio, solo se condannati a una pena superiore a due anni. E il contrasto fra questo fatto curioso e il codice penale, fa capire Ardizzone, è lampante. Forse ancor più di altri aspetti della delibera contestati dal M5S, come la restituzio­ne del vitalizio in caso di riabilitaz­ione

L’interdizio­ne L’articolo 28 toglie il beneficio a chi ha subito l’interdizio­ne dai pubblici uffici

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