Il genocidio e la diaspora: a Venezia vince l’Armenia
Biennale politicizzata nelle opere proposte dal curatore Okwui Enwezor e Biennale politicizzata anche nell’assegnazione dei Leoni d’oro da parte della giuria. I riconoscimenti per questa 56ª edizione sono stati assegnati ieri, primo giorno d’apertura al pubblico. Miglior padiglione l’Armenia, che sull’Isola di San Lazzaro ha presentato un allestimento di più artisti sul tema della diaspora e sulla difesa dell’identità del Paese d’origine anche dopo il genocidio di un secolo fa. Leone d’oro come miglior artista, invece, all’americana Adrian Piper (1948) per l’installazione The probable Trust Register: the True Rules of the Game #1-3. Dietro al complicatissimo titolo sta questo: l’artista invita tutti i visitatori a firmare un’autodichiarazione nella quale ci si impegna a dire sempre quel che si pensa. Un impegno collettivo a uscire dall’ipocrisia. «La sua opera — ha detto Enwezor — ci invita a una performance personale di assunzione di responsabilità». Leone d’argento come migliore artista al coreano Im HuengSoon, che ha presentato video sullo sfruttamento delle lavoratrici in Corea. Menzione speciali per Harun Farocki, Collettivo Abounaddara e Massinissa Selmani. Menzione speciale anche per il Padiglione degli Usa che presentava un’opera di Joan Jonas. Nell’ultimo giorno di anteprima, la Biennale ha già fatto registrare 13 mila presenze. Ora inizia il più lungo cammino della sua storia, 7 mesi: la Biennale sarà accompagnata da numerosi eventi e, come ha ricordato il presidente Paolo Baratta, «tre anni fa fu a ottobre che si registrò il maggior numero di presenze».