LA VACCINAZIONE CONTRO IL PAPILLOMAVIRUS SERVE ANCHE AI RAGAZZINI?
Ho bisogno di chiarimenti sul rapporto tra Papillomavirus e malattie maschili. In rete si legge di tutto: che il virus Hpv causa le verruche genitali e il cancro anche nei maschi (oltre che quello dell’utero nelle femmine), che può essere trasmesso con un rapporto sessuale anche solo orale, che bisognerebbe vaccinare anche i bambini sotto i 12 anni e non solo le ragazzine. Dove sta la verità?
L’infezione da Hpv è la più diffusa tra quelle sessualmente trasmesse (soltanto negli Usa colpisce oltre 79 milioni di persone tra donne e uomini) ed è logico attendersi anche nel maschio la presenza di patologie legate a questo virus. Se è vero che l’interesse della comunità scientifica si è inizialmente focalizzato sulle conseguenze femminili dell’Hpv (cancro del collo dell’utero, vagina, vulva, ano e condilomi genitali) è altrettanto vero che nell’ultimo decennio abbiamo accertato che il Papillomavirus è responsabile nel sesso maschile del cancro dell’ano (nell’80% dei casi), del pene (nel 50% dei casi), di una quota rilevante (circa 30%) di tumori dell’orofaringe e, analogamente alla popolazione femminile, di condilomi anogenitali. Se il cancro del pene alle nostre latitudini è certamente poco frequente (circa 130 nuovi casi diagnosticati ogni anno in Italia), è più rilevante l’impatto socio-sanitario del cancro dell’ano (circa 300 nei maschi e 500 nelle femmine). Quest’ultimo, seppure ancora raro, è in continuo aumento, specie in relazione a comportamenti sessuali a rischio, ed è per lo più associato al più aggressivo dei genotipi virali, l’Hpv-16.
Il tumore dell’orofaringe, da sempre soprattutto a carico del sesso maschile e tradizionalmente associato a fumo e alcol, è ora sempre più causato dall’Hpv (soprattutto Hpv-16) ed è in crescita in tutto il mondo (1700 diagnosi annuali fra gli italiani e 350 fra le italiane).
Negli uomini l’Hpv agisce diversamente rispetto a quanto accade nelle donne: i maschi sono costantemente esposti all’infezione a tutte le età e sono quindi considerati un «serbatoio» permanente del virus. Nella donna la positività all’Hpv è in funzione dell’età: alta nella adolescenzaetà giovane, poi dai 30 anni in avanti declina costantemente (anche se non si azzera mai).
Sulle modalità di trasmissione bisogna però essere cauti, per non “demonizzare” la sessualità. Facciamo quindi una precisazione: noi siamo ricoperti (su cute e mucose) da microrganismi tra cui batteri e, nella maggior parte dei casi, ciò non causa malattie; ma se le difese immunitarie si abbassano questi microrganismi possono «scatenarsi» e causare una patologia.Viceversa, se il nostro sistema immunitario funziona bene non succede nulla. Allo stesso modo alcuni comportamenti sessuali espongono maggiormente all’infezione Hpv (rapporti anali e oro-genitali), ma questo non vuole dire infettarsi automaticamente.
Che fare, allora? Da un lato, praticare una sessualità responsabile (usando il profilattico nei rapporti occasionali) e, dall’altro, arrivare a una copertura universale dell’infezione, coinvolgendo anche i maschi. Alcune Regioni italiane (come avvenuto in altri Paesi) si sono mosse in questa direzione, attivandosi per offrire, in modo gratuito, la somministrazione del vaccino nell’undicesimo anno di vita sia alle ragazze, sia ai ragazzi. La vaccinazione universale potrà garantire anche ai maschi l’equo accesso a una misura di prevenzione che ha già dimostrato (dove incoraggiata con successo, come in Australia e Danimarca) la scomparsa pressoché totale dei condilomi anogenitali, mentre per le varie forme di tumore si stanno ancora raccogliendo i dati per dimostrare una effettiva diminuzione dell’incidenza.
Risponde
Alberto Proietti Centro Cefalee, Istituto nazionale neurologico Carlo Besta, Milano
Risponde
Stefano Simonetti Dermatologo, Clinica Dermatologica, Perugia