«Sì agli Ogm contro la povertà Expo parli di economia e fame»
«È una discussione esagerata. Gli Ogm possono porre alcuni problemi, ma si tratta di eccezioni. Persino la Rivoluzione Verde indiana fu biotecnologica. Per esempio nel riso. Il riso racconta storie di enorme interesse, anche dal punto di vista di classe». In che senso? «Dal ‘500 in poi, fino a tutta la dominazione britannica, il lavoro di selezione sul riso in India fu dettato dalle classi dirigenti, con poca attenzione alla popolazione. Quindi si puntò più alla qualità che alla quantità. In Cina avvenne il contrario, si pensò più alla quantità. Il risultato è che oggi il riso di qualità Indica è più raffinato, i chicchi si staccano, non puoi mangiarlo con le mani. Quello di qualità Sinica è più compatto, colloso. Per dire che al fondo dell’alimentazione ci sono l’economia e la politica».
Come giudica le posizioni anti Ogm di Vandana Shiva, la militante indiana che ha un ruolo di rilievo all’Expo?
«La apprezzo per la sua preoccupazione riguardo al benessere degli altri. Ha ragione nell’invitare a stare attenti quando si aumentano le rese agricole attraverso gli Ogm, perché si possono creare problemi all’ambiente. Ma le conclusioni che ne trae, la sua opposizione alle nuove varietà non sono logiche, conseguenti. A creare problemi non sono le tecnologie ma la cattiva gestione del territorio. Possiamo benissimo combinare le nuove tecnologie con il rispetto della biodiversità. Se non vogliamo chiamarli Ogm, chiamiamoli nuove varietà».
Cosa pensa del cosiddetto chilometro zero?
«Dal punto di vista dell’economia, è un concetto che non so da dove venga. Certo, ogni sabato vado al farmer’s market, ci trovo prodotti buonissimi che i contadini portano direttamente. Ma non ho niente contro un buon pane fatto con grano canadese».
Ecco, il commercio internazionale. Quanto è importante per battere la fame?
«È di grande importanza. Produce la crescita economica necessaria alla creazione di benessere, come indicava Adam Smith. Adam Smith, però, diceva anche che l’altro elemento importante è lo sviluppo delle capacità umane. E qui ci sono cose che solo i governi possono fare, l’intervento sulla salute e sull’istruzione. Prendiamo gli esempi di Giappone, Taiwan, Singapore, Hong Kong e poi della Cina: lì, l’incontro di alfabetizzazione ed economia di mercato ha prodotto grandi successi».
In Paesi anche molto poveri, però, i mercati locali si sono ampliati più grazie all’uso dei telefoni cellulari che non grazie alle scuole.
«È straordinario cos’hanno fatto. Metà degli indiani non sa scrivere una frase compiuta e i cellulari li aiutano enormemente. Non puoi però fondare il futuro su quello: occorre che l’istruzione e la sanità arrivino a tutti. L’attuale governo indiano ha tagliato gli investimenti in questi settori, non capisce che lo sviluppo delle possibilità umane è un fattore determinante. Anche per affrontare il problema della fame».
Il prossimo settembre, le Nazioni Unite decideranno i nuovi obiettivi dello Sviluppo, da raggiungere in 15 anni. Dopo gli obiettivi del Millennio
Chi è
Amartya Sen è nato da genitori provenienti dall’attuale Bangladesh a Santiniketan, in India, nel 1933. Premio Nobel per l’Economia nel 1998, insegna Economia e Filosofia ad Harvard, negli Stati Uniti lanciati nel 2000. Come li giudica?
«Stabilire criteri quantitativi, ad esempio sulla riduzione della povertà o sull’educazione, ha incentivato molti Paesi a intervenire. Alcuni non hanno raggiunto gli obiettivi dati, ma non si può parlare di fallimento, perché sono stati fatti passi avanti sulle strade indicate. Per il futuro, però, c’è da introdurre qualcosa di importante: dal momento che gli obiettivi passati erano quantitativi, la democrazia e i diritti umani sono stati trascurati. I nuovi obiettivi
Gli alimenti a chilometro zero? È un concetto che non so da dove venga La forza delle idee L’Esposizione deve essere ambiziosa, non sottostimate l’influenza dell’Italia nel mondo
dovrebbero fare loro spazio».
Tornando all’Expo italiana, cosa ne pensa?
«Che dovrebbe riconoscere e individuare bene il problema della fame. Cioè discutere di politica e di economia. E deve essere ambizioso, non deve sottovalutare la capacità d’influenza che l’Italia può avere nel mondo. È un Paese di grande rilievo potenziale: ospita il Vaticano con un Papa che, sulle questioni della povertà, onora il suo nome; a differenza di altri Paesi ricchi, non è visto come un potere coloniale e imperialista; non è nemmeno percepito come rigido nelle politiche economiche, a differenza della Germania o dell’Olanda. Per non parlare del rilievo che ancora oggi hanno nei Paesi in via di sviluppo figure come Gramsci o esperimenti cinematografici come il neorealismo. L’Italia ha la possibilità di influenzare il discorso politico globale. Non deve sottovalutarlo».
@danilotaino