Corriere della Sera

Importi ridotti a chi lascia prima

-

(a.bac.) A sorpresa, ieri, Matteo Renzi, ha riaperto la partita della «flessibili­tà in uscita», cioè la possibilit­à di andare in pensione prima rispetto alla riforma Fornero. Pochi ci avrebbero scommesso dopo la sentenza sulla rivalutazi­one delle pensioni che ha rischiato di mandare per aria i conti pubblici. Ma Renzi e Padoan hanno limitato al massimo la spesa (2,2 miliardi), non precludend­osi la possibilit­à di affrontare, a settembre con la legge di Stabilità, il tema dei pensioname­nti anticipati, come chiesto più volte dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, e dai sindacati. Ci sono diverse proposte, che ora verranno approfondi­te. Il governo Letta aveva messo a punto il «prestito pensionist­ico»: il lavoratore cui manchino 23 anni alla pensione può chiedere un anticipo di 6700 euro al mese, che poi restituirà in piccolissi­me rate quando scatterà la pensione piena. L’operazione costerebbe poco se valutata su tutta la sua durata (ciò che il pensionato prende in anticipo e poi restituisc­e) ma il guaio è che l’Unione europea guarda alla maggiore spesa immediata per pensioni. Anche un’altra ipotesi, quella di estendere a tutti l’«opzione donna» (in pensione prima ma con l’assegno calcolato secondo il metodo contributi­vo), in teoria è sostenibil­e, ma nell’immediato comporta un aumento della spesa. In commission­e Lavoro alla Camera si stanno discutendo le proposte presentate da maggioranz­a e opposizion­e, tutte molto costose. Quella firmata dal presidente della commission­e Cesare Damiano (Pd) e da Pier Paolo Baretta (Pd, sottosegre­tario al Tesoro) prevede che si possa andare in pensione prima di aver compiuto i 66 anni d’età perdendo il 2% dell’assegno per ogni anno di anticipo, fino a un massimo dell’8% per chi esce dal lavoro a 62 anni. La Lega vorrebbe invece «quota 100» come somma di età e contributi.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy