La risoluzione Onu
La bozza contiene sei pagine: c’è la lettera del governo di Tobruk che chiede assistenza La missione durerà 12 mesi. Il nodo dei confini: si potrà agire in acque territoriali libiche?
La decisione presa ieri dalla Ue è solo un pezzo del puzzle. È una decisione monca, perché deve essere ancora ratificata dal Consiglio europeo e fornisce un quadro di massima a cui mancano molti dettagli. Ma soprattutto perché attende il via libera da parte delle Nazioni Unite, il che significa un disco verde da parte di Mosca (e di Pechino, che però di solito per questioni che riguardano il Mediterraneo tende a seguire le decisioni dei russi).
Dalla bozza della risoluzione che in questi giorni è oggetto di negoziati, e di continui cambiamenti, nel Palazzo di Vetro, e di cui il Corriere è entrato in possesso, emerge un quadro con alcune sorprese (una lettera della Libia che ha fornito un elenco dettagliato dei trafficanti che operano nel suo territorio e nelle sue coste alle autorità delle Nazioni Unite), alcuni punti fermi (il mandato di cui l’Onu discute sarà per un’operazione internazionale di 12 mesi) e molti nodi ancora da sciogliere.
La lettera della Libia
Nelle sei pagine di documento, che la Mogherini ha difeso e illustrato la settimana scorsa a New York, che è stato presentato formalmente da Londra, visto che l’Italia in questo momento non fa parte del Consiglio di Sicurezza, la parte dedicata alle operazioni militari contro i trafficanti di esseri umani è ancora ballerina. È la parte che fa riferimento al capitolo 7 della Carta dell’Onu ed è preceduta da una novità: è stata la stessa Libia, o almeno il governo riconosciuto a livello internazionale, a richiedere all’Onu un’operazione di assistenza che metta in sicurezza «le acque territoriali» dello Stato e il suo stesso «territorio».
Ricognizioni aeree e navali
Nella parte operativa della bozza di risoluzione le Nazioni Unite chiedono a tutti i Paesi membri di scambiarsi tutte le informazioni possibili su atti di traffico di esseri umani che riguardino le coste e le acque territoriali della Libia. Uno scambio che deve essere esteso, per l’Onu, a qualsiasi dettaglio che possa emergere sia attraverso «ricognizioni navali che aeree» dei Paesi membri. Ovviamente con un coordinamento che coinvolga le autorità libiche, e in un quadro che richiama «l’integrità territoriale e l’unità nazionale» del Paese. Una delle tante premesse di un preambolo in cui si citano sia le decisioni del Consiglio europeo di aprile, sia le attuali missioni navali europee nel Canale di Sicilia.
Il nodo dei confini
Al quinto punto delle decisioni che le Nazioni Unite potrebbero adottare la bozza in qualche modo si sdoppia in due commi apparentemente identici ma in realtà molto diversi: in entrambi i punti i Paesi del Consiglio di sicurezza sono pronti ad autorizzare «ispezioni di imbarcazioni e di beni per i quali esiste il ragionevole sospetto che possano essere utilizzati per il traffico di esseri umani»; sono altresì d’accordo nello stabilire che dopo una prima ricognizione gli Stati membri «possano usare tutti i mezzi a disposizione per sequestrare» (le imbarcazioni o i beni) dei trafficanti, «o per disporne», compresi strumenti «di distruzione o che rendano inutilizzabili» i mezzi degli stessi trafficanti.
Una cornice che però può variare di molto a secondo dei confini geografici dell’autorizzazione che l’Onu potrebbe dare: sino a cinque giorni fa la materia era ancora dibattuta dagli ambasciatori che rappresentano i loro Paesi al Palazzo di Vetro. In un caso si fa riferimento alle «acque territoriali della Libia e al suo territorio», nel secondo, che la Russia preferisce, il riferimento si restringe alle «acque internazionali». La ricerca di un compromesso è oggetto dei negoziati di queste ore, con i Paesi europei che sono presenti nel Consiglio di Sicurezza, Francia e Gran Bretagna in primo luogo, che spingono perché le acque territoriali della Libia possano essere incluse. Pochi giorni fa, secondo indiscrezioni pubblicate dai quotidiani inglesi, sono emersi dettagli di un piano britannico di incursioni sottomarine: il confine geografico della risoluzione Onu ovviamente definirebbe non solo l’ampiezza del teatro delle azioni militari possibili ma anche la loro complessità.
Il nodo della sicurezza
In entrambi i testi ovviamente si fa riferimento anche ai migranti, e si prescrive che ogni tipo di operazione dovrebbe includere «la messa in salvo delle persone che possano trovarsi a bordo delle imbarcazioni, in accordo alle regole del diritto internazionale, dei diritti umani e delle norme internazionali sui rifugiati». Insomma i nodi da sciogliere, e oggetto di discussione, sembrano ancora tanti. Anche se Federica Mogherini, la scorsa settimana, a New York, ad una precisa domanda sulla Russia, ha risposto di «non aver riscontrato un’opposizione» agli obiettivi della risoluzione «da parte di nessuno Stato membro». Un’eventuale coalizione di Stati dovrebbe poi «informare il Consiglio entro 3 mesi» dall’inizio delle operazioni, e potrebbe vedersi esteso il mandato «su richiesta delle autorità libiche».