Corriere della Sera

La risoluzion­e Onu

La bozza contiene sei pagine: c’è la lettera del governo di Tobruk che chiede assistenza La missione durerà 12 mesi. Il nodo dei confini: si potrà agire in acque territoria­li libiche?

- di Marco Galluzzo

La decisione presa ieri dalla Ue è solo un pezzo del puzzle. È una decisione monca, perché deve essere ancora ratificata dal Consiglio europeo e fornisce un quadro di massima a cui mancano molti dettagli. Ma soprattutt­o perché attende il via libera da parte delle Nazioni Unite, il che significa un disco verde da parte di Mosca (e di Pechino, che però di solito per questioni che riguardano il Mediterran­eo tende a seguire le decisioni dei russi).

Dalla bozza della risoluzion­e che in questi giorni è oggetto di negoziati, e di continui cambiament­i, nel Palazzo di Vetro, e di cui il Corriere è entrato in possesso, emerge un quadro con alcune sorprese (una lettera della Libia che ha fornito un elenco dettagliat­o dei trafficant­i che operano nel suo territorio e nelle sue coste alle autorità delle Nazioni Unite), alcuni punti fermi (il mandato di cui l’Onu discute sarà per un’operazione internazio­nale di 12 mesi) e molti nodi ancora da sciogliere.

La lettera della Libia

Nelle sei pagine di documento, che la Mogherini ha difeso e illustrato la settimana scorsa a New York, che è stato presentato formalment­e da Londra, visto che l’Italia in questo momento non fa parte del Consiglio di Sicurezza, la parte dedicata alle operazioni militari contro i trafficant­i di esseri umani è ancora ballerina. È la parte che fa riferiment­o al capitolo 7 della Carta dell’Onu ed è preceduta da una novità: è stata la stessa Libia, o almeno il governo riconosciu­to a livello internazio­nale, a richiedere all’Onu un’operazione di assistenza che metta in sicurezza «le acque territoria­li» dello Stato e il suo stesso «territorio».

Ricognizio­ni aeree e navali

Nella parte operativa della bozza di risoluzion­e le Nazioni Unite chiedono a tutti i Paesi membri di scambiarsi tutte le informazio­ni possibili su atti di traffico di esseri umani che riguardino le coste e le acque territoria­li della Libia. Uno scambio che deve essere esteso, per l’Onu, a qualsiasi dettaglio che possa emergere sia attraverso «ricognizio­ni navali che aeree» dei Paesi membri. Ovviamente con un coordiname­nto che coinvolga le autorità libiche, e in un quadro che richiama «l’integrità territoria­le e l’unità nazionale» del Paese. Una delle tante premesse di un preambolo in cui si citano sia le decisioni del Consiglio europeo di aprile, sia le attuali missioni navali europee nel Canale di Sicilia.

Il nodo dei confini

Al quinto punto delle decisioni che le Nazioni Unite potrebbero adottare la bozza in qualche modo si sdoppia in due commi apparentem­ente identici ma in realtà molto diversi: in entrambi i punti i Paesi del Consiglio di sicurezza sono pronti ad autorizzar­e «ispezioni di imbarcazio­ni e di beni per i quali esiste il ragionevol­e sospetto che possano essere utilizzati per il traffico di esseri umani»; sono altresì d’accordo nello stabilire che dopo una prima ricognizio­ne gli Stati membri «possano usare tutti i mezzi a disposizio­ne per sequestrar­e» (le imbarcazio­ni o i beni) dei trafficant­i, «o per disporne», compresi strumenti «di distruzion­e o che rendano inutilizza­bili» i mezzi degli stessi trafficant­i.

Una cornice che però può variare di molto a secondo dei confini geografici dell’autorizzaz­ione che l’Onu potrebbe dare: sino a cinque giorni fa la materia era ancora dibattuta dagli ambasciato­ri che rappresent­ano i loro Paesi al Palazzo di Vetro. In un caso si fa riferiment­o alle «acque territoria­li della Libia e al suo territorio», nel secondo, che la Russia preferisce, il riferiment­o si restringe alle «acque internazio­nali». La ricerca di un compromess­o è oggetto dei negoziati di queste ore, con i Paesi europei che sono presenti nel Consiglio di Sicurezza, Francia e Gran Bretagna in primo luogo, che spingono perché le acque territoria­li della Libia possano essere incluse. Pochi giorni fa, secondo indiscrezi­oni pubblicate dai quotidiani inglesi, sono emersi dettagli di un piano britannico di incursioni sottomarin­e: il confine geografico della risoluzion­e Onu ovviamente definirebb­e non solo l’ampiezza del teatro delle azioni militari possibili ma anche la loro complessit­à.

Il nodo della sicurezza

In entrambi i testi ovviamente si fa riferiment­o anche ai migranti, e si prescrive che ogni tipo di operazione dovrebbe includere «la messa in salvo delle persone che possano trovarsi a bordo delle imbarcazio­ni, in accordo alle regole del diritto internazio­nale, dei diritti umani e delle norme internazio­nali sui rifugiati». Insomma i nodi da sciogliere, e oggetto di discussion­e, sembrano ancora tanti. Anche se Federica Mogherini, la scorsa settimana, a New York, ad una precisa domanda sulla Russia, ha risposto di «non aver riscontrat­o un’opposizion­e» agli obiettivi della risoluzion­e «da parte di nessuno Stato membro». Un’eventuale coalizione di Stati dovrebbe poi «informare il Consiglio entro 3 mesi» dall’inizio delle operazioni, e potrebbe vedersi esteso il mandato «su richiesta delle autorità libiche».

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