Fitto scende in campo Parte la conta nei gruppi che divide Forza Italia
crescere nei prossimi giorni fino a quaranta, se è vero che i tre senatori e tre deputati che fanno riferimento all’ex leghista Flavio Tosi sembrano interessati al progetto.
Però, appunto, Fitto sembra aver scelto un percorso graduale per arrivare alla rottura definitiva: in questi giorni il suo obiettivo è quello di far capire quanto politico sia il suo progetto, che passa per l’adesione sua personale al gruppo dei Conservatori europei e con la scelta di una linea che sull’Europa è «molto più combattiva» di quella del Ppe. Linea che, precisa l’ex ministro «è quella che Berlusconi quando parla condivide, ma non è capace di fare il passo che facciamo noi e resta nella terra di nessuno».
Mentre lo scontro infuria sale in Parlamento lo scoramento, quasi la disperazione: «C’è gente — rivela un big azzurro
Il progetto
Raffaele Fitto oggi annuncerà l’addio a Forza Italia e la nascita del gruppo dei «Conservatori e riformisti». Ne faranno parte 18 senatori e 15 deputati eletti con il partito degli azzurri — che quando mi incrocia mi dice “che fortuna che hai ad avere un lavoro, per noi è finita...”». Perché la sensazione è che non ci sia un domani politico per la stragrande maggioranza degli attuali eletti, e le parole di Berlusconi che un giorno si dice in campo e il giorno dopo si chiama fuori non aiutano a immaginare qualsivoglia futuro. Tanto più che un’altra scissione sembra alle porte, anche se in tempi più lunghi, ed è quella dei verdiniani. Anche loro sostengono di avere oltre 25 parlamentari, più di una decina al Senato. E se il loro obiettivo immediato è quello di cercare di convincere Berlusconi, dopo le Regionali, a riprendere i rapporti con Matteo Renzi, la consapevolezza è che «sarà difficilissimo,
Conservatori L’ex governatore verso nuovi gruppi, forse dal nome «Conservatori e riformisti»
lui pensa a un nuovo partito di facce giovani con lui a dominare, per noi non c’è più posto». Quindi la probabile rottura porterebbe non tanto ad un nuovo partito quanto alla possibilità almeno di allungare la legislatura, fornendo a Renzi i voti che gli potrebbero mancare in caso di defezioni nel Pd. Se il quadro fosse questo, FI si ritroverebbe con le truppe dimezzate e con numeri che in Parlamento la renderebbero pressoché ininfluente. Per questo nessuno pensa davvero che il «meno siamo meglio stiamo» sia uno slogan credibile, e — dice un suo fedelissimo — non lo pensa «nemmeno Berlusconi».