LA DIFFICOLTÀ DI GIUSTIFICARE UNA MISURA IMPOPOLARE
Inserire un tema come le pensioni in una campagna elettorale è quanto di più rischioso possa esserci per un governo. A Matteo Renzi è rotolato tra le gambe dopo la sentenza della Corte costituzionale che chiede di rimborsare i contributi bloccati. E il tentativo, adesso, è di correre ai ripari con un decreto che venga incontro almeno ad una parte dei pensionati danneggiati, senza far saltare i conti pubblici. Non è un’operazione facile, perché in un’Italia spaventata dalla crisi, il sigillo della Consulta riconosce diritti sacrosanti; e mostra l’abilità ma anche la difficoltà di un Renzi che deve far passare un messaggio impopolare.
La coalizione di tutte le opposizioni, dal Movimento 5 stelle a Forza Italia e la Lega, era prevedibile. E il fatto che ieri, decidendo per decreto un’elargizione una tantum, palazzo Chigi abbia sottolineato di avere «rimediato ad errori altrui», non basterà a fermare la polemica. Anzi. Nell’accenno del presidente del Consiglio alla dialettica tra lui e il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, si intravede un contrasto che la questione delle pensioni ha rivelato. Scherzando, Renzi ha spiegato di essere stato «diffidato a svolgere la mia funzione creativa per individuare il cosiddetto “tesoretto”, perché c’era la sentenza».
È la conferma che i margini per approvare misure tese a favorire la ripresa si sono ridotti; e che il problema del governo è di circoscrivere gli effetti della decisione della Consulta sulla spesa pubblica. Padoan lo ha ammesso: se avesse deciso il rimborso integrale, l’Italia sarebbe stata sottoposta alla procedura di infrazione dell’Ue; e l’indebitamento sarebbe schizzato al 3,6 per cento in rapporto al Pil. Ma la restituzione parziale, da 278 a 750 euro, permette agli avversari di attaccare palazzo Chigi sui diritti violati dei pensionati.
Il tesoretto restringe Un decreto che gradua i rimborsi ed evita una procedura di infrazione dell’Europa contro l’Italia. Ma il tesoretto si restringe ulteriormente
Sono pronti ricorsi e azioni collettive contro il governo. Renzi incassa il «placet» del Fondo monetario internazionale, per il quale i rimborsi «non dovrebbero modificare» gli obiettivi di bilancio; e che esorta il premier ad andare «avanti tutta con le riforme per la crescita». Ma l’apertura di credito finisce per esaltare resistenze condivise da sindacati e partiti di destra e di sinistra. La vicenda in sé accentua le incognite sul voto regionale di fine maggio e sulla percentuale dei votanti.
Renzi cerca di trasformare l’incidente delle pensioni in un potenziale vantaggio elettorale. E i nemici infatti lo accusano di offrire l’una tantum ai pensionati entro agosto, così come usò il bonus degli 80 euro l’anno scorso, conseguendo un successo imprevisto alle europee. Può darsi che l’operazione riesca, sebbene l’opinione pubblica sia più stanca ed esasperata di un anno fa. Gli appelli ripetuti di Silvio Berlusconi ad andare alle urne sono indizi di una crisi di consenso che va oltre FI e il centrodestra. Ormai, l’astensionismo è diventato un fantasma che spaventa tutti.