Corriere della Sera

Di Matteo contro il Csm: mi avete scientific­amente umiliato

Il ricorso del pm per la bocciatura alla Procura nazionale antimafia. «Disagio morale e umano, è una mortificaz­ione»

- Giovanni Bianconi

Umiliato e beffato dal Consiglio superiore della magistratu­ra, con una manovra studiata a tavolino contro di lui. È l’accusa lanciata dal pubblico ministero di Palermo Nino Di Matteo, dopo la bocciatura della sua candidatur­a alla Procura nazionale antimafia; la scelta è caduta su altre tre concorrent­i, e lui è finito all’undicesimo posto, attraverso una «sistematic­a, algebricam­ente calcolata e calibrata sottovalut­azione dell’ineccepibi­le e solidissim­o profilo profession­ale del ricorrente».

Così hanno scritto gli avvocati Mario Serio e Giuseppe Naccarato nella richiesta al Tribunale amministra­tivo regionale del Lazio di annullare la decisione del Csm, votata a maggioranz­a l’8 aprile scorso. In altre parole: un’operazione organizzat­a in ogni dettaglio per estromette­re il pubblico ministero che rappresent­a l’accusa nel processo sulla presunta trattativa fra lo Stato e Cosa nostra (e continua a indagare su quel filone d’inchiesta) dalla Superprocu­ra.

Più che un atto difensivo, le trenta pagine sottoscrit­te dai difensori di Di Matteo sono un indice puntato contro il Consiglio, dai toni durissimi. In alcuni passaggi indignati, per sostenere la pretesa ingiustizi­a subita dal pm più protetto d’Italia, minacciato a più riprese da Totò Riina nei suoi proclami carcerari. Passaggi come questo: «La principale ragione che ha indotto il ricorrente a insorgere è di natura congiunta, morale e profession­ale. Per via della umiliante pretermiss­ione (cioè la mancata valutazion­e, ndr) del valore degli anni di sacrifici, rischi, impegno in cui si è articolata la carriera del ricorrente al servizio della giustizia». Non solo: suona «beffardo» il fatto che poco prima di nominare altri tre magistrati, lo stesso Csm gli abbia proposto un trasferime­nto d’ufficio per motivi di sicurezza, in via del tutto eccezional­e, «con ciò rivelando platealmen­te il suo orientamen­to negativo all’accoglimen­to della domanda» per la Procura nazionale.

A questo si sarebbe aggiunta una «inconcepib­ile sottovalut­azione» del curriculum di Di Matteo, nonostante i pareri acquisiti che ne attestavan­o le «straordina­rie capacità profession­ali, le sue elevate capacità inquirenti caratteriz­zate da tenacia, determinaz­ione ed acume investigat­ivo». Da questa scelta gli avvocati traggono una morale: «Non è incoraggia­nte per la magistratu­ra italiana apprendere che queste doti, spinte fino all’annullamen­to della possibilit­à di vivere una vita senza il costante terrore di vedersela violenteme­nte tolta, valga per il suo organo di governo autonomo soltanto i due terzi del punteggio massimo per il posto di sostituto procurator­e nazionale antimafia».

Il riferiment­o è alla classifica stilata dal Csm relativame­nte alle «attitudini specifiche dei candidati in reati di criminalit­à organizzat­a». In base all’esperienza maturata in questo settore, i pretendent­i possono ottenere una valutazion­e da 0 a 6 punti; i primi due nominati — la pm pugliese Eugenia Pontassugl­ia e il sostituto procurator­e generale di Catanzaro Salvatore Dolce — hanno avuto 5,5 punti, il terzo — Marco del Gaudio, pm anticamorr­a a Napoli — 5. Di Matteo s’è fermato a quattro. Avesse avuto il massimo come secondo i suoi avvocati meritava, cioè 6, sarebbe scattato al primo posto della graduatori­a.

Al Tar i difensori del pm antimafia hanno chiesto di sospendere gli effetti della decisione del Csm, per «prevenire la pesante condizione di disagio morale, umano e profession­ale conseguent­e all’ingiusta mortificaz­ione inflitta al ricorrente». Nel frattempo per la protezione di Di Matteo è arrivato il bomb jammer, dispositiv­o per prevenire gli ordigni attivati a distanza, normalment­e usato nei teatri di guerra, che però non si sa come utilizzare nei suoi spostament­i per via dei rischi per la «popolazion­e civile». Inoltre il magistrato ha appena dato alle stampe un libro intitolato Collusi - Perché politici, uomini delle istituzion­i e manager continuano a trattare con la mafia, nel quale — si legge in copertina — «il magistrato più temuto dalla mafia racconta il nuovo potere criminale, e come fermarlo».

La graduatori­a Più volte minacciato di morte da Totò Riina, ha ottenuto il punteggio più basso tra i candidati

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Magistrato Nino Di Matteo è pm a Palermo

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