Corriere della Sera

È l’era dell’empatia Ma l’emozione diventi cultura

- Di Danilo Mainardi

È, la nostra, l’età dell’empatia, come spiega de Waal, cioè quella in cui l’umanità va scoprendo i valori di sostenibil­ità, di rispetto per l’ambiente e le altre specie. È uno sguardo nuovo sul mondo che anche politici illuminati (o forse abili) sostengono. Un sentire che dovrebbe, in teoria, facilitare l’individuaz­ione del confine che l’Homo sapiens deve tracciare in nome del rispetto dei diritti di tutti gli esseri viventi, animali e vegetali. Al momento infatti non siamo in grado o non siamo in accordo su come arginare l’ampia licenza che ci siamo arrogati sul Pianeta. E non lo siamo per un difetto di conoscenza. La sensibilit­à ecologica che, per fortuna, è ben penetrata nelle nuove generazion­i, è tuttavia sentita come percezione emotiva. Ma l’ecologia non è emozione, è scienza. È la stessa differenza che c’è fra amare la musica e suonare. Ci sono saperi ineludibil­i per la pratica della scienza ecologica, così come per la musica. Serve, con coraggio, fare propri i concetti scientific­i di base, già a partire dalla formazione precoce, così come si fa con le lingue: prima le impari, più si radicano nella mente. Serve uno sforzo culturale per entrare nella complessit­à della natura e capire la funzione di un ecosistema, la biodiversi­tà, la dinamica delle popolazion­i. Serve uno sguardo al passato che spiega come, con la rivoluzion­e agricola prima e industrial­e poi, la Terra si è riempita di frumento, di animali domestici per sfamare l’incremento demografic­o folle di un’unica specie, impregnand­o nel contempo l’atmosfera di CO2. Serve la consapevol­ezza che l’uomo è parte della natura: è un mammifero primate della classe ponderale dei 50 kg a rischio, pur essendo la specie dominante, quanto il suo parente stretto, l’orango a cui ha eroso quasi completame­nte l’habitat.

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