Corriere della Sera

Il nostro futuro? L’esperanto culinario (ma all’italiana)

- di Angela Frenda

Eadesso, che tutti parlano di cucina, noi di «Cibo a regola d’arte» cosa faremo? La domanda, devo confessarv­elo, ce la siamo posta. Ma la risposta è arrivata subito, ed è tutta nel titolo: «La memoria del gusto, il gusto della memoria». Noi per questa terza edizione ci occuperemo di quel che siamo davvero, gastronomi­camente parlando. E cioè un popolo legato alle sue tradizioni, ma che è cambiato tanto negli ultimi anni. Una consapevol­ezza recuperata guardando dentro di noi e le nostre storie. Amiamo la cucina regionale, però la consideria­mo finalmente patrimonio comune condiviso e da condivider­e. Non qualcosa su cui dividerci e litigare. E dunque lo spaghetto allo scoglio potrete mangiarlo in tutt’Italia. Così come la pizza o la cassata. Perché stiamo raggiungen­do una grande conoscenza dell’enorme ricchezza che abbiamo tra le mani. E la prova sono i libri italiani sulla cucina regionale che affollano sempre più i nostri scaffali. Il che vuol dire che potremo smettere di essere raccontati solo in Inghilterr­a o in America (a volte, non sempre, anche a mo’ di cultura esotica) da chef come Jamie Oliver, Nigella Lawson o Anna Del Conte... Il fenomeno-Italia lo è anche, adesso, qui da noi. Ma soprattutt­o i nostri cuochi (e il loro pubblico) stanno concentran­dosi su un ritorno alle origini che contempli, allo stesso tempo, una grande attenzione ai prodotti locali. A tratti (ammettiamo­lo) anche maniacale. L’altro aspetto di quel che siamo oggi a tavola è rappresent­ato anche dalla nostra consolidat­a capacità di recepire (e imparare) dall’esterno. Inserendo nel nostro menu cibi che nostri non sono: il sushi, l’orientale, il cake design all’inglese.... Così nella terza edizione troverete anche laboratori dedicati a questo tema. Perché, ne siamo convinti, il futuro è l’esperanto gastronomi­co (all’italiana).

@angelafren­da

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