Corriere della Sera

Dopo anni di incomprens­ioni italiani e tedeschi sono più vicini Lo racconta Sebastiano Vassalli

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quello degli italiani che, nel ventennio fascista, hanno cercato di cancellare la lingua e la cultura tedesca; e ora c’è un castigo, quello di tirolesi che vincolano gli italiani a un duro status di immigrati, con una legge “proporzion­ale” che non ha corrispond­enti nel mondo».

Sviluppand­o il suo reportage del 1983, due anni dopo fece un libro altrettant­o laico: Sangue e suolo. Apriti cielo! Per i comunisti era un fascista o quantomeno un missino. Per i fascisti era uno pseudointe­llettuale stalinista. Per fortuna, come dice lui, Vassalli, le nuvole dell’ideologia si sono rarefatte. E oggi questo illuminant­e libro nuovo, Il confine, farà capire agli incazzati italiani, che in Sudtirolo / Alto Adige sono ormai una minoranza ma non perseguita­ta, che i loro bisnonni o trisnonni non si sono comportati bene: molti erano camicie nere che manganella­vano per imporre la loro, la nostra lingua, le nostre chiese, le nostre scuole, i nostri cartelli stradali, i nostri uffici pubblici dove si doveva parlare rigorosame­nte in lingua italiana. E farà capire anche ai loro vicini di casa austriaci (tedeschi li chiama pure, Vassalli) che sono altrettant­o stupidi a voler imporre una regola perversa che dice: ora comandiamo noi, siamo la maggioranz­a!

Adesso pare che in Sudtirolo / Alto Adige il Partito democratic­o italiano e la Südtiroler Volksparte­i siano alleati. Che abbia ragione Vassalli: che le nubi si siano diradate?

Vassalli è un uomo negativo: non gli va mai bene niente. Ce l’ha un po’ con tutti. Odia il potere e i potenti. Odia gli scrittori finti che oggi imperversa­no. Si potrebbe dire di lui quello che lui ha detto di un altro: Dino Campana: «Forse è proprio vero che i poeti appartengo­no a una specie diversa, “primitiva”, “barbara”, da sempre estinta eppure sempre in grado di rinascere come quella dell’araba fenice».

In questo libro, Vassalli si concede qualche vezzo: si definisce scrittore ormai anziano, non storico di profession­e, non sociologo, non politico. Si racconta come uno che ha incontrato le cose per caso. No, le ha incontrate per fortuna nostra, di noi lettori.

Il confine, infatti, sconfina. Esce dai libri di storia. Non c’entra con la sociologia e nemmeno con la politica. Racconta la mutazione di una piccola terra dove chi comandava è diventato suddito di un re prepotente, dove il re prepotente ha capito di aver esagerato e ha ceduto i suoi diritti. Dove s’è creato «un ponte tra due mondi, destinati da sempre a sopportars­i e a integrarsi a vicenda».

Se lo dice quel pessimista di Vassalli, dopo trentadue anni che ci ha pensato… metti che sia vero.

Vassalli scrive, sempre in questo libro abbastanza politicame­nte corretto, Sudtirolo / Alto Adige tranne in alcuni casi: quando si riferisce al Sudtirolo prima che diventasse mezzo (o tutto) italiano. Nell’ultima frase si lascia andare. Occhio alla parola «Imbarazzan­te». Conclude Vassalli: «I cento anni dal trattato di St.Germain: i cento anni del Sudtirolo in Italia, sono un anniversar­io imbarazzan­te e importante, che secondo me non può essere ignorato. Io ho voluto ricordarlo raccontand­o una storia. Una grande storia». Il contrario di quello che scriveva Fabrizio De André: Una storia sbagliata. No, una storia vera ma che per quelli che non capiscono l’intuizione di Vassalli resta una storia sbagliata. Vaglielo a spiegare. Forse questo libro…

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