I Muse ripartono dal rock barocco evocando Orwell
L’album «Drones» tra schiavitù e speranza
IMuse sono l’eccezione alla regola del rock governato dai dinosauri. Sono gli unici under 40 (i Coldplay il rock l’hanno mollato da anni) che riempiono gli stadi. La band inglese torna con «Drones», nuovo album (esce il 9 giugno) e non il meglio riuscito della carriera, che mette assieme il loro rock epico-barocco, uno scrittore visionario come George Orwell e il compositore rinascimentale Pierluigi da Palestrina.
«Drones» è un concept album. Il tema è il percorso di un uomo che perde l’amore e la speranza e diventa schiavo di un potere opprimente. Ritrova la forza dentro di sè, reagisce e si libera. «È un viaggio di un essere umano, dalla perdita di speranza e dal senso di abbandono, all’indottrinamento dal sistema affinché diventi un drone, una sorta psicopatico metaforico, fino alla sconfitta degli oppressori», spiega Matt Bellamy, il leader del trio.
L’introduzione di « Defector» è un discorso di John Fitzgerald Kennedy del 1961. «Parlava, senza però mai nominare l’Urss, del pericolo dell’avanzare di un regime oppressivo e dell’importanza della libertà. Parole che si applicano
Le canzoni sono heavy: il produttore è Mutt Lange, lo stesso di «Back in Black» degli AC/DC anche ai giorni nostri». Matt ha sempre sostenuto le teorie complottiste che vedono il mondo governato da poteri occulti: «Viviamo in un’epoca di estremismo, religioso, militare o quello delle corporation: ci manipolano facendoci credere di avere bisogno di qualcosa che sono loro a creare».
I suoni del disco virano verso l’heavy. «Quando ti autoproduci gli album, come avevamo fatto con gli ultimi due, passi più tempo a controllare che a suonare. Avevamo perso il rapporto fra noi tre come band e così ci siamo di nuovo concentrati sull’essere dei performer partiti dal rock», aggiunge Matt.
Ma che c’entrano Orwell e Pierluigi da Palestrina? «Del