Non è un Paese per giovani La serie A si scopre più vecchia degli altri tornei in Europa
I numeri di ReportCalcio: più stranieri solo in Inghilterra e a Cipro
Vecchio e in lotta con i debiti, ma vivo, vivace e deciso a resistere, in attesa di tempi migliori: il lavoro da fare è molto e i tempi stretti. È il quadro del pallone italiano, come è stato disegnato dalla quinta edizione di «ReportCalcio», il rapporto annuale (diviso in nove sezioni) realizzato dal Centro Studi della Figc insieme con Arel e PwC e presentato ieri al convegno Ussi a Coverciano.
Con 1.372.137 tesserati tra calciatori (1.073.286), tecnici (23.474), componente arbitrale (34.381) e dirigenti (240.996), il calcio rappresenta ancora lo sport più praticato e seguito in Italia. Nel 2013-2014, i 12.131 campi italiani hanno ospitato quasi 600 mila partite ufficiali. Nella fascia compresa fra i5 e i 16 anni, risulta tesserato per una società un ragazzo su cinque. In Europa il calcio italiano è il quarto movimento di maggior rilevanza per numero di squadre e di tesserati.
La serie Aè il campionato più vecchio d’Europa (54 tornei) per età media dei calciatori (27,3 anni, rispetto ai 25,6 della Germania), le partite vengono giocate in stadi con un’età media di 62 anni e soltanto Inghilterra e Cipro hanno una percentuale superiore di giocatori stranieri: 54,1% contro il 40% di Spagna e Germania. La serie A italiana occupa anche l’ultimo posto per giocatori provenienti dai vivai: 8,4% contro il 23,6% della Francia. Impressiona il numero di giocatori stranieri tesserati nel 2013-2014: 53.805, il 70% di loro nel Settore giovanile e scolastico. Il numero di stranieri minorenni al primo tesseramento è stato di 9.793; guida l’Albania (1.784) davanti a Romania (1.668) e Marocco (1.521).
Capitolo spettatori: nel 20132014, la presenza complessiva nelle partite del calcio professionistico è stata di 13,1 milioni (+6% rispetto alla stagione precedente); la percentuale di posti occupati negli impianti supera il 50% soltanto in serie A. L’affluenza-media in A, confrontata con gli altri quattro campionati più importanti in Europa, è stata di 23.011 spettatori, superiore soltanto alla Prim a Divisione francese ( 20.953). Il primato è della Bundesliga (43.499) contro i 36.670 della Premier League e i 26.955 della Liga.
Il Report 2015 ha preso in considerazione anche i dati economico-finanziari nel 20132014. Il valore della produzione è stato di 2,7 miliardi, con un incremento dell’1,2% rispetto alla stagione precedente. Il fatturato totale dei club europei di Prima Divisione è cresciuto nello stesso periodo del 6,4%. Il movimento economico complessivo generato dal pallone, compresi attività giovanile e indotto, ha prodotto un giro d’affari di 13 miliardi, un numero cresciuto del 53% in dieci anni, che colloca il calcio tra le prime dieci industrie italiane. La perdita netta prodotta dal calcio italiano è di 317 milioni (-1,9%), contro i 430 milioni del 20102011. I debiti aggregati del sistema Pro hanno sfiorato i 3,7 miliardi di euro (erano 2,8 nel 2009-2010). Il patrimonio netto è di 273 milioni di euro, in diminuzione rispetto ai dati degli anni precedenti. I diritti tv incidono per il 37%, per un totale di 1.016 milioni (-2%). Una voce significativa è rappresentata dalle plusvalenze legate alla cessione di calciatori: 528 milioni (-1,51%), mentre i ricavi commerciali hanno registrato una diminuzione del 3% e rappresentano il 14% del valore di produzione totale. Crescono i debiti della serie A (3.093 milioni), ma la perdita netta si è ridotta dai 202 milioni del 20122013 a 186 milioni.
Anche il Report 2015 conferma che il calcio è uno dei principali contribuenti dell’Erario. Nel 2012 la contribuzione fiscale e previdenziale complessiva è risultata pari a 1.023 milioni di euro, l’86,5% derivante direttamente dal sistema professionistico (serie A,B e Lega Pro) e il restante 13,5% dalle scommesse sul calcio. Dal 2006 al 2012, la contribuzione totale diretta del settore è stata di quasi 6 miliardi di euro.