Nel Jurassic park delle coalizioni dove i partiti congelano le faide
PERUGIA L’Umbria è una specie di Jurassic park della politica. Chi cerca le antiche certezze — un centrosinistra come una volta contro un centrodestra come una volta — qui le trova. Nessuna delle spiazzanti novità che hanno caratterizzato altre regioni al voto — leader che rompono con i loro partiti, passaggi di casacca, schieramenti frantumati — ha attecchito.
Guida il centrosinistra con piglio pragmatico Catiuscia Marini, presidente uscente ed ex parlamentare europea, una vita nel partito, dalla Fgci al Pd, non renziana («il congresso però è finito» sorride lei) ma neanche ostile al nuovo corso. Il suo avversario è il sindaco di Assisi Claudio Ricci, eletto due volte a furor di popolo nel suo comune, che, visto quanto è successo altrove, qui ha fatto il miracolo: il centrodestra corre unito, da Salvini ad Alfano in «un progetto civico, popolare e alleato alla destra sociale» come lo definisce. In mezzo Andrea Liberati, del Movimento 5 Stelle, ex iscritto di Forza Italia, noto perché nel 2008 se ne andò a fare il volontario per la campagna elettorale di Barack Obama.
Solo apparentemente, però, la fotografia del voto è immobile. Tutti i candidati, e per ragioni diverse, hanno in mente una data, quella dell’otto giugno dell’anno scorso quando a Perugia (dove dal Dopoguerra aveva sempre governato la sinistra) trionfa a sorpresa un avvocato di Forza Italia, Andrea Romizi, 35 anni. La scossa viene avvertita in modo tanto nitido che ora Catiuscia Marini dice: «Quella lezione l’abbiamo capita, non succederà di nuovo». Al di là dei meriti dell’enfant prodige di Forza Italia, allora il Pd era dilaniato dalla faida tra i giovani renziani e la vecchia guardia bersaniana. «Stavolta» racconta il segretario regionale Giacomo Leonelli «c’è unità, fare le liste — sospira pensando al braccio di ferro con la sinistra interna, che qui è ancora forte — è stata una fatica». Anche lui ha 35 anni, è «renziano della prima ora» e la vittoria del suo «compagno di scuola» Romizi la spiega così: «Quella notte si è capito che dire: “loro sono di destra” non bastava più. E quindi siamo tornati tra la gente».
Nel suo ufficio di primo cittadino nel palazzo dei Priori Andrea Romizi è umile — «non sono un esempio per nessuno» —, prudente — «ogni elezione è una storia a sé» —, ma non esclude che «i tempi possano essere maturi» per la fine del monopolio della sinistra anche in Regione. I due alfieri del «laboratorio umbro» del centrodestra però — Ricci e Romizi — insieme in campagna elettorale si sono visti pochissimo, pare che non ci sia feeling. «È come se il centrodestra avesse esaurito tutte le sue energie nel mettersi insieme — dice Alessandro Campi, politologo dell’Università di Perugia — e sia arrivato un po’ sgonfio alla sfida decisiva».
Il sindaco di Assisi, nelle stanze del Comune che amministra (dove controlla tutto, anche la temperatura negli uffici) la pensa in tutt’altro modo: «Il sorpasso ci può essere e spiego perché: la regione gestita dalla sinistra ha sempre governato il consenso distribuendo risorse, ma ora i soldi sono finiti». Marini replica con il 17% di fondi europei in più a disposizione per i prossimi anni (l’Umbria, secondo le classifiche, è tra le Regioni che li utilizza di più e meglio) e la tenuta del sistema produttivo nonostante i colpi della crisi («la vicenda delle acciaierie di Terni, obiettivamente, l’ha chiusa bene» nota Alessandro Campi).
«La presidente» macina un incontro dietro l’altro con le categorie, dalle cooperative ai commercianti, dagli agricoltori alle «eccellenze», come l’azienda di abbigliamento in cachemire di Brunello Cucinelli, imprenditore-filosofo e grande amico del premier. A tutti chiede la riconferma del «buon governo» mentre il candidato del M5S Liberati si infervora: «Quello umbro in realtà è un sistema pietrificato, non si muove niente».
I Cinquestelle dovrebbero ottenere un buon risultato anche senza poter disporre di due argomenti «forti» utilizzati dai loro colleghi da altre parti: l’Umbria (con la Toscana) è l’unica regione in cui non ci sono state inchieste sulle spese pazze dei consiglieri ed è anche quella con la spesa media più bassa per le retribuzioni dei dirigenti. Il candidato di Grillo, tre giorni fa, ha quindi virato su altro e accusato i capi delle Procure di andare regolarmente a cena con alcuni politici, adombrando intrallazzi e reciproci favori: nessun nome, «ma in Umbria c’è un regime».
Claudio Ricci è un ingegnere dei trasporti e argomenta con pazienza. Insiste sullo stesso tema — «il sistema» della sinistra in un luogo dove non c’è mai stata alternanza — ma è meno aggressivo dei Cinquestelle (per non parlare di CasaPound che qui candida il suo vicepresidente nazionale Simone Di Stefano). Il candidato del centrode- stra parla di una Regione «chiusa», che avrebbe bisogno «di riforme liberalie criteri manageriali». È affezionato a un’immagine, che ripete spesso: «Appena sarò eletto legherò un nastrino tricolore alla porta per tenerla aperta a tutti».
C’è un’altra immagine, però, che in questi giorni lo insegue: una foto insieme a Matteo Salvini (molto presente in questa campagna elettorale, la Lega, alla fine, potrebbe essere il primo partito del centrodestra). Si vede il leader del Carroccio in cima a una ruspa che stringe la mano al sindaco di Assisi. Sullo sfondo, su un edificio, c’è un dipinto di San Francesco.
I frati del Sacro convento se la sono presa parecchio per l’accostamento — il santo e la ruspa — e hanno scritto un articolo critico sul loro sito. Ricci taglia corto: «È stato del tutto involontario, un dettaglio, e poi i miei rapporti con la Chiesa sono ottimi». Ma anche la sintonia con Salvini sull’immigrazione — aggiunge — «è totale, lui usa solo un linguaggio più televisivo del mio». Catiuscia Marini, invece, pensa che sarà proprio l’ombra del leader della Lega a stabilire chi sarà il vincitore: «In questa terra la solidarietà ha radici profonde, c’è una Chiesa sociale e una sinistra radicata: questo tessuto reggerà l’urto».
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