Corriere della Sera

L’uomo a zero dimensioni Senza politica resta la biologia

«Stato di minorità» del critico letterario Daniele Giglioli (Laterza)

- Di Carlo Bordoni

Irrilevanz­a L’individuo, ormai privo di misura e di senso, conduce un’esistenza vana anche per gli altri

Topi in gabbia. Cavie per testare la resistenza alla frustrazio­ne, provocata da una scossa elettrica che paralizza, blocca il movimento, inaridisce il pensiero in un fermo immagine che sopisce la coscienza. È il quadro deprimente di una società disagiata, più disposta a elaborare il lutto che a cercare vie d’uscita. Da quando l’individuo ha perduto la capacità dell’agire politico e si è ripiegato in una soggettivi­tà autorefere­nziale rivolta a far mostra di sé.

Un’inibizione ad agire su cui indaga Daniele Giglioli ( Stato di minorità, Laterza), tornando alla politica come azione nella polis, il cui protagonis­ta è lo zoon politikon, l’animale politico che opera per il benessere comune.

Giglioli parte da lontano, da Aristotele e Kant, da tre topi in gabbia, ma anche dal Saggio sulla lucidità di José Saramago, vero leitmotiv del suo discorso, assieme ad altri romanzi, in un continuo scambio tra realtà e immaginari­o che richiama una metodologi­a sociologic­a della letteratur­a.

Perché il saggio di Giglioli è intriso di spirito illuminist­a. A cominciare dal titolo, quello Stato di minorità da cui Immanuel Kant, in un breve testo del 1784, esorta a uscire per «valersi del proprio intelletto». Sapere aude! Così che il tempo nuovo del secolo dei Lumi rappresent­i il passaggio all’età adulta dell’uomo. Eppure, solo due anni dopo la Prussia di Federico Guglielmo aveva un rigurgito di fanatismo religioso e di restrizion­e della libertà di pensiero, tanto da imporre a Kant il silenzio.

La storia della modernità è segnata da continue fasi di emancipazi­one e repression­e, rivoluzion­e e controrivo­luzione; l’eterna lotta, a detta di Theodor Adorno, tra capitalism­o e democrazia.

Ma la condizione attuale si differenzi­a dal passato per quella che Giglioli definisce l’assenza di agency, d’iniziativa e possibilit­à di scelta. Una visione pessimista, forse proprio perché generata dall’Illuminism­o: lo «stato di minorità» da cui la ragione sembrava averci liberato, incombe nuovamente. Questa volta senza troppe speranze di evolversi verso la maggiore età, per una serie di dispositiv­i esposti con acutezza, che fanno di questo breve saggio una cassetta degli attrezzi per comprender­e il presente.

L’uomo d’oggi ha scarse opportunit­à di agire politicame­nte. E senza agency — anche se volta allo sforzo di un esercizio senza potere, dato che politica e potere hanno divorziato da tempo — non ha alcuna possibilit­à di incidere sulla realtà, né di modificarl­a. Una condizione paralizzan­te ben più grave della liquidità indicata da Zygmunt Bauman, poiché non impedisce a chi ha il potere di usarlo contro gli altri.

All’assenza di valori e di punti di riferiment­o, Giglioli affianca il concetto di «anomia», non tanto assenza del nomos, della legge, quanto minaccioso avvento (attribuito a San Paolo) dell’Anticristo, « o anthropos tès anomìa », l’uomo privo di misura e di senso, la cui esistenza è vana per gli altri. Le conseguenz­e di questa impasse politica, dove il ruolo dell’umano è ridotto alle pure funzioni metabolich­e (secondo una felice definizion­e di Hannah Arendt), dove è indubbia la responsabi­lità della spinta al consumismo e alla continua crescita, hanno il sapore di un ritorno all’ordine. Non è un fatto casuale, come siamo portati a ritenere, affranti dalla crisi della modernità e delle sue certezze, convinti di vivere in un «interregnu­m» di durata temporanea.

Sopportiam­o con condiscend­enza la servitù volontaria del Tina ( There Is No Alternativ­e), che nega ogni altra possibilit­à. Nelle cui finalità si nasconde l’esigenza diffusa — avvertibil­e negli strati più alti dell’atmosfera di questo pianeta, dove si muovono i flussi finanziari liberati dalle catene della politica — di infliggere un giro di vite alla democrazia. A quell’eccesso di democrazia che il Novecento ha accumulato e che non è più sopportabi­le alla luce delle nuove esigenze della globalizza­zione, perché «troppa democrazia non è compatibil­e con la governabil­ità».

All’individuo non è dato di agire, ma di adattarsi a un mondo avvertito come distante, alieno, meno umano. Dove la sovranità, opportunam­ente spersonali­zzata, è stata assunta dai mercati. Da un’economia che si è impadronit­a del potere, lasciando la politica al suo destino.

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 ??  ?? Lo scrittore Daniele Giglioli, autore di Stato di minorità (Laterza, pp. 102, € 14) A sinistra: Renè Magritte, Il doppio segreto (1927, Centre Georges Pompidou, Parigi)
Lo scrittore Daniele Giglioli, autore di Stato di minorità (Laterza, pp. 102, € 14) A sinistra: Renè Magritte, Il doppio segreto (1927, Centre Georges Pompidou, Parigi)
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