Corriere della Sera

SORPRESE E INCOGNITE DI UN VOTO

L’intervento Il Brasile aderirà presto alla Carta di Milano. Il suo ex presidente e il leader della Fao indicano quanto ancora ci sia da fare per battere la malnutrizi­one, precondizi­one per la pace

- Di Massimo Franco

La diserzione dalle urne era prevista, a conferma che nessun partito sembra ancora in grado di trascinare l’Italia al voto: compreso il Movimento 5 Stelle. E certamente le elezioni regionali non erano il richiamo più attraente per invertire la tendenza. Rimane da vedere se da questo nuovo crollo della partecipaz­ione il governo uscirà più o meno indenne. Il sogno del sei a uno, ieri notte, sembrava a portata di mano. Accompagna­to però da un’incertezza palpabile sull’esito del risultato in Liguria e perfino in Umbria: a conferma che l’astensioni­smo fa saltare qualunque previsione.

È un’ombra, quella ligure, che sarebbe in grado di trasformar­e la vittoria del partito di Matteo Renzi in una nuova guerra di logorament­o con la minoranza interna. Riproporre­bbe in un colpo solo due fantasmi: quello di un movimento 5 Stelle comunque forte e in grado di erodere voti anche a sinistra; e di una lista degli avversari renziani del Pd determinat­i a impedirgli un’affermazio­ne sulla carta facile. Per quanto locali, le elezioni di ieri dovevano consentire al premier di puntellars­i e di brandire il risultato come una clava da usare contro quanti hanno scommesso su un risultato ambiguo.

Il partito di Renzi ha fatto e disfatto la campagna elettorale.

Un mondo senza fame non è un’utopia. Un mondo senza fame in cui tutti abbiano la possibilit­à di mangiare e di studiare è possibile, e nell’arco di questa generazion­e. Povertà e indigenza, in qualunque Paese, non sono condizioni naturali o fatti inevitabil­i della vita. Sì, possiamo davvero costruire un mondo senza fame. E solo in un mondo senza fame potremo costruire la pace.

Sebbene la fame non sia certo l’unica causa dei conflitti, sicurezza alimentare e pace si sostengono a vicenda: come la fame alimenta i conflitti, così le guerre acuiscono la fame.

La nostra convinzion­e che un mondo così sia davvero possibile nasce non solo dalla speranza e dall’imperativo etico della lotta per un pianeta migliore. Ma scaturisce dai progressi che molti Paesi hanno già compiuto nella lotta alla fame e alla povertà, e dalle nostre personali esperienze di impegno per migliorare le condizioni sociali in Brasile.

Fra pochi giorni aggiungere­mo anche i nostri nomi alla Carta di Milano. Questo avverrà durante la riunione dei ministri dell’Agricoltur­a che si incontrera­nno a Expo Milano 2015, il quattro e cinque giugno.

La Carta di Milano, che sarà l’eredità di questa esposizion­e universale, tocca problemi cruciali come lo scandalo delle perdite e degli sprechi alimentari, la necessità di assicurare cibo a sufficienz­a per una popolazion­e mondiale in crescita preservand­o l’ambiente e la biodiversi­tà, e infine il ruolo importanti­ssimo delle donne nello sviluppo. Questi temi sono una priorità per tutti noi.

La Carta offre al mondo la possibilit­à di partecipar­e alla discussion­e globale sulla futura agenda dello sviluppo, e pone a tutti noi una domanda fondamenta­le: cosa possiamo fare noi, individui e «cittadini di questo pianeta», per fare la differenza con le nostre azioni quotidiane e con il nostro stile di vita?

I decenni passati hanno portato progressi innegabili nella lotta alla fame. Il numero di persone che ne soffrono è diminuito di 200 milioni dal 1990, e la percentual­e di persone sottonutri­te è scesa del 40 per cento nei Paesi in via di sviluppo.

Ma non lasciamoci ingannare, la battaglia contro la fame non è vinta. Secondo le ultime stime della Fao (l’Organizzaz­ione delle Nazioni Unite per l’alimentazi­one e l’agricoltur­a) appena pubblicate, il numero di affamati è poco al di sotto degli 800 milioni, una persona su nove nel mondo. C’è ancora molto da fare.

Il Brasile e altri Paesi in Africa e America Latina come Bolivia, Argentina, Senegal e Mozambico, stanno forgiando relazioni dinamiche fra protezione sociale e supporto produttivo. Ci sono innumerevo­li esempi di successo nati da questa combinazio­ne, come i programmi per i pasti scolastici che prevedono l’acquisto di cibo dai produttori locali, o quelli per il trasferime­nto di denaro come il brasiliano Bolsa Familia («assegno familiare»), che assicura un reddito minimo alle famiglie cha continuano a mandare i figli a scuola e li sottopongo­no regolarmen­te a check-up medici.

Questi programmi da un lato supportano i produttori locali assicurand­o i pasti ai bambini. Dall’altro, aiutano le famiglie ad affrontare le loro necessità primarie e a mantenere i figli a scuola. L’obiettivo è spezzare il circolo dell’indigenza che si protrae per generazion­i offrendo ai giovani delle opportunit­à che i loro genitori non hanno mai avuto.

Questo approccio integrato, che spazia dalla produzione agricola all’acquisto di cibo e all’educazione infantile, aiuta a spiegare il successo del programma brasiliano «Fame Zero» e come questo abbia ispirato una serie di programmi nazionali e regionali sulla sicurezza alimentare in tutto il mondo.

Sebbene le organizzaz­ioni non governativ­e svolgano un lavoro molto importante, l’impegno politico dei Paesi — governi e società — e il sostegno tecnico e finanziari­o delle istituzion­i multilater­ali sono fattori indispensa­bili per rispondere alla sfida dell’inclusione sociale. Solo con una reale volontà politica sarà possibile sconfigger­e la povertà e includere i poveri nei bilanci nazionali.

Se questo accade, i risultati non tardano ad arrivare. Quando la lotta alla fame divenne la priorità del governo brasiliano nel 2003, i progressi furono immediati. In soli cinque anni, fra il 2002 e il 2007, la proporzion­e di persone sottonutri­te passò da 11 punti percentual­i a meno del 5 per cento in tutto il Paese. Nel 2014 il Brasile è uscito dalla mappa globale della fame avanzando verso il raggiungim­ento di un obiettivo ancora più ambizioso: quello di mettere fine anche alla povertà estrema.

Lo stesso impegno politico è sempre più condiviso in varie parti del mondo. Al summit dell’Unione africana del 2014 a Malabo, le nazioni africane si sono impegnate a porre fine a fame e malnutrizi­one entro il 2025. L’Istituto Lula e la Fao collaboran­o attivament­e perché questo obiettivo coraggioso diventi realtà.

La responsabi­lità primaria di assicurare il diritto a cibo adeguato e sano spetta ai governi nazionali, ma noi tutti ne condividia­mo una parte.

Non esiste un’unica soluzione valida per tutti. I Paesi possono — e dovrebbero — imparare dagli altri, e adattare le iniziative di successo alle proprie esigenze. Ma ciascuno deve trovare la propria strada.

La lotta alla fame è un beneficio per la società intera. Le risorse finanziari­e degli assegni destinati ai poveri non si prestano a speculazio­ni. Diventano cibo, vestiti, materiali scolastici. E muovono il commercio locale e l’industria, creando lavoro.

I poveri non devono essere considerat­i un problema. I veri problemi sono l’ineguaglia­nza nel mondo, la fame, i conflitti militari. Se solo ne hanno la possibilit­à, le persone diventano parte della soluzione.

Il mondo possiede già tutto il denaro, il cibo e le opportunit­à che servono, e certamente ciascuno di noi custodisce la solidariet­à di cui pure abbiamo bisogno per cancellare la fame dalla faccia della Terra.

Il nostro mondo sarà equo ed armonioso quando tutti potranno mangiare e vivere in pace. E insistiamo: un mondo così è possibile.

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