La giornata più dura di Raffaella E si rischia l’ingovernabilità
La candidata che ha lacerato il Pd: solo astio da alcuni compagni
Lo scenario L’unica certezza è una regione ingovernabile, senza una vera maggioranza
Raffaella Paita ha vissuto la giornata più importante della sua vita senza riuscire a levarsi dalla bocca un sapore amaro. «La mia campagna elettorale è stata tutta in salita e ancora devo capire il perché di questo astio nei miei confronti. Ho avuto tutti contro, compreso alcuni compagni di partito, gente che conosco da anni. L’ultimo mese è stato molto duro. A essere sincera, anche molto brutto».
Anche in questa giornata di quiete trascorsa nella sua La Spezia, la candidata del Partito democratico non dà mai l’impressione di rilassarsi davvero. Fa il giro dei seggi, chiede dati, numeri, cifre, si tormenta, perché l’astensione è sempre un’arma a doppio taglio. L’affluenza nelle province è bassa, l’unico dato in controtendenza è quello di Genova, due punti percentuali in più, e anche se non lo confesserà mai, quello era lo scenario peggiore, perché il capoluogo è terra ostile, la capitale dei frondisti fuoriusciti del Partito democratico guidati da Luca Pastorino, del voto disgiunto, e naturalmente dei temutissimi Cinque Stelle. Presagi.
In effetti i segnali non sono buoni, soprattutto gli ultimi in ordine di tempo. Gli exit poll lanciati da La 7 un minuto dopo la chiusura della donna danno la favorita alla vittoria finale addirittura in terza posizione, dietro a Giovanni Toti, candidato di un centrodestra unito in virtù della sua debolezza, e alla ortodossa grillina Alice Salvatore, la giovane ricercatrice che fu girotondina ed è stata l’unica a fare un campagna elettorale all’aria aperta, due mesi vissuti su un camper prestato da un militante milanese, appuntamenti a macchia di leopardo.
Alla fine rischiano di avere tutti ragione tranne lei, che era al tempo stesso la favorita e il bersaglio grosso. Anche Pastorino, con la sua doppia cifra, sembra aver trovato la formula giusta nella Liguria trasformata in laboratorio, portandole via voti decisivi. L’unica certezza, se dovesse essere confermata questa tendenza, è una regione ingovernabile, dove nessuna maggioranza appare davvero possibile.
«Com’è questa Lella?» Solo nel novembre scorso, durante una visita di Matteo Renzi, i collaboratori del presidente del Consiglio chiedevano informazioni sul suo conto. Per lei garantiva Claudio Burlando, che ha passato gli ultimi mesi di bufera ad assicurare tutti «vi giuro che è proprio brava», e di riflesso anche Luca Lotti, che con il governatore uscente ha un legame più che solido. Quelle domande non erano dovute a sfiducia ma solo alla curiosità per quella che sembrava una candidata di territorio, poco conosciuta oltre Sarzana e Ventimiglia. C’era già stata l’alluvione che tanto le è costata anche a livello giudiziario, ma ancora non si era arrivati a questa resa dei conti continua, prima le primarie, poi la loro coda di veleni e sospetti, infine la scissione a sinistra e la conseguente unità ritrovata del centrodestra, che hanno trasformato la «fantèla», la ragazzina, come la chiamano ancora oggi a La Spezia, in un pomo della discordia nazionale.
Il suo nome ha lacerato l’anima divisa in due del Partito democratico, per il fatto di essere considerata la delfina di Burlando, un’erede designata senza alcuna discontinuità con il passato, e soprattutto per essersi fatta renziana di seconda generazione, scontentando i renziani della prima ora e soprattutto i nostalgici della ditta bersaniana e di una sinistra progressista. È un destino beffardo, per la ragazza cresciuta in via Carpanedo, al centro del Limone, il quartiere popolare di La Spezia attaccato al porto, figlia di un vigile del fuoco e di una impiegata comunale che la portavano in vacanza alla Festa dell’Unità, una delle più giovani iscritte alla sinistra giovanile dei Ds.
I primi verdetti a urne chiuse stanno disegnando una sua «non vittoria» come migliore delle ipotesi. Comunque vada, qualunque sia il nome del nuovo presidente, ci sarà anche da governare una regione al 10,8 per cento di disoccupazione, due punti sopra la media del Nord Ovest, con una maggioranza tutta da inventare attraverso compravendite e alleanze.
Se dovesse toccare a lei, la candidata favorita e fragile, sarà il modo per consentire al fuoco amico di Pastorino il classico io l’avevo detto. La vittoria rotonda è sempre di tutti, il resto è solitudine, processi, fiele da masticare. Ci vorrà del tempo, per non sentire più quel sapore amaro.