Cani antibomba e super raggi x I team (invisibili) della sicurezza
Animali veterani dell’Afghanistan e squadre miste di tutte le forze dell’ordine
Zorro è un veterano dell’Afghanistan, di esplosivi ne respira da una vita. Magari un altro, al suo posto, questa la prenderebbe un po’ sottogamba. Lui no. Pastore belga si nasce, ma dell’esercito si diventa e quell’addestramento è per sempre: così ogni camion che entra all’Expo, ogni notte, lui e gli altri cani agli ordini del sottotenente Roberta Macculi lo fiutano come fossero ancora a Kabul.
È solo un pezzetto, minimo, di quella Expo invisibile senza la quale l’esposizione universale non sarebbe neppure partita. Una macchina fatta da migliaia di uomini e donne già descritta più volte, nella sua teoria, ma che vista all’opera fa in effetti una certa impressione anche se il suo principio è lo stesso delle polizze-vita: si fanno perché funzionino, ma sperando di non doverle usare.
Il cervello che la governa tutte quanta, la macchina dell’Expo, sta in un edificio a pochi chilometri dal perimetro dell’esposizione. Al secondo piano c’è il sistema nervoso «interno» coordinato da Ottorino Passariello, che dal primo tornello all’ultimo cestino dei rifiuti controlla ogni minuto del funzionamento ordinario dell’organismo. Al piano terra invece è il Centro operativo misto coordinato dalla Prefettura che praticamente per la prima volta in Italia tiene insieme in una sola stanza tutte le forze che uno Stato può mettere in campo. Dall’esercito alla polizia. Dai carabinieri al corpo forestale del commissario Giovanni Gianvincenzo, dai finanzieri del capitano Francesco Tatulli ai vigili del fuoco come Sergio Colsani, dagli uomini della polizia locale come Giorgio Colombo (che oltre al resto tiene sempre in macchina anche un defibrillatore) al 118 che finora ha fatto più di cento interventi con ambulanze: quasi tutti colpi di calore, ma anche quattro codici rossi tra cui un
La «regia» dei controlli è in una palazzina a pochi chilometri dal sito. Al piano terra c’è il Centro operativo misto coordinato dalla Prefettura che riunisce tutte le forze di polizia in campo. Al secondo piano il sistema nervoso «interno» che monitora ogni punto del sito
I controlli sui camion: non solo verifica dei documenti degli autisti: in azione anche strumenti che evidenziano la composizione chimica degli oggetti e l’eventuale radioattività
Il «cannone ad acqua» da 19 atmosfere che può bucare una lastra di ferro
I raggi X: tutti i mezzi devono passare sotto la più grande «macchina» oggi esistente
I cani antiesplosivo, come Zorro un pastore belga veterano dell’Afghanistan, addestrati ad annusare sostanze pericolose infarto. Risolto. Il Grande Fratello dell’Expo, come illustra il viceprefetto Alessandra Tripodi, sui suoi monitor vede scorrere di tutto 24 ore al giorno: dal livello dei fiumi a nord di Milano allo stato di rischio, in tempo reale, delle aree industriali confinanti col sito. Ma è di notte, quando i visitatori se ne vanno, che la macchina comincia a muoversi sul campo.
Questa notte i camion in fila per entrare sono un’ottantina. Per ognuno lo stesso protocollo. Gli autisti scendono, in un ufficio gli agenti della Questura coordinati dal dirigente Luigi Di Clemente controllano i documenti. Intanto Zorro e gli altri cani dell’esercito entrano in azione con gli uomini del colonnello Luca Franchini. «Finora — dice il sottotenente Macculi — hanno trovato solo una latta di vernice sospetta»: conteneva particelle metalliche nel posto giusto ma con l’odore sbagliato. Seguono controlli con strumenti che evidenziano eventuale radioattività e composizione chimica di ogni oggetto, quindi l’intero camion — vuoto o pieno che sia — viene fatto passare sotto la più grande macchina a raggi x oggi esistente. «Via libera». E si passa al camion successivo. Intanto, giorno e notte, il colonnello Elio Babbo riceve i rapporti delle pattuglie di sorveglianza lungo il perimetro del sito: centinaia di uomini e donne tra alpini,
Cannone ad acqua In dotazione c’è anche un cannone ad acqua a 19 atmosfere che può bucare lastre di ferro
bersaglieri, lagunari, paracadutisti e cavalieri.
Ogni tanto tirano fuori anche un cannone ad acqua. Doppio. Perlopiù per usarne il braccio telescopico con cui spingere una telecamera sotto i pianali da controllare. Ma in teoria anche per sparare le sue 19 atmosfere di getto, roba da bucare il ferro, contro uno zainetto sospetto. Finora una volta.
Il presidio del «territorio», come l’Expo fosse una città, è affidato ai carabinieri del comandante Andrea Dominici. Ora sono le tre di notte e hanno appena fermato alcuni cinesi che stavano cercando di entrare senza pass come fornitori sostituendosi ai parenti titolari del permesso. Succede, magari quando i titolari devono fare consegne altrove. Beccati ogni volta.