Corriere della Sera

Pochi fondi per valorizzar­li Beni archeologi­ci riseppelli­ti

- Paolo Conti

Ha senso quando non si può conservare oppure se un bene è tanto fragile che se esposto si danneggia Andrea Carandini In alcuni casi è come mettere in frigorifer­o dei siti per le future generazion­i A volte è un sistema di conservazi­one Stefano De Caro

«Reinterrar­e un bene archeologi­co? Succede spesso. E ha senso quando non si può conservare, valorizzar­e, comunicare come sarebbe giusto. Oppure costituisc­e una realtà molto fragile che, esposta alle intemperie, si danneggere­bbe. Ma nel caso delle ultime scoperte dell’Arco di Tito al Circo Massimo diventa difficile capire il perché del reinterro. Si parla di mancanza di fondi. Sono pronto a scommetter­e che tanti mecenati, per esempio americani, sarebbero disponibil­i subito a finanziare i lavori per gli scavi e il recupero dell’Arco. In fondo, si tratta del Circo Massimo legato nell’immaginari­o collettivo a Ben Hur...».

Andrea Carandini, grande archeologo e presidente del Fondo Ambiente Italiano, parla degli scavi del Circo Massimo, col recupero del pavimento in lastre di travertino e di tre plinti (strutture di basamento delle colonne) frontali e parte del plinto della quarta colonna. Si trattava dell’Arco di Tito che apriva l’ingresso del Circo Massimo dal lato di Porta Capena, e quindi dalla via Appia (l’altro Arco di Tito è sulle pendici settentrio­nali del Palatino). La sovrintend­enza comunale ha deciso il reinterro in attesa dei fondi per il recupero, l’anastilosi (la ricostruzi­one col materiale originario) e per contenere la falda d’acqua sottostant­e.

Ma il caso del Circo Massimo riporta alla mente tante storie di archeologi­a reinterrat­a. C’è il caso scandaloso di cui ha parlato Gian Antonio Stella, sul Corriere della Sera, il 13 aprile scorso: le rovine dell’antico Foro a Capo Colonna, in Calabria, ricoperte da una colata di calcestruz­zo. Una scelta insensata che rende difficilis­simo qualsiasi recupero.

Caso opposto (e consapevol­e) a quello di Mignano Montelungo, in provincia di Caserta. Come racconta l’ex soprintend­ente di Napoli e Caserta Stefano De Caro (oggi direttore generale dell’Iccrom, l’organismo Unesco per lo studio della conservazi­one e il restauro del Patrimonio) durante i lavori per la linea ferroviari­a ad alta velocità Roma-Napoli «riemerse un abitato romano dotato anche di terme. Riuscimmo a salvarlo cambiando il progetto e collocando la linea ferroviari­a su alcuni piloni. Poi reinterram­mo. In qualche modo abbiamo “messo in frigorifer­o” quel sito per le future generazion­i. Lo stesso è accaduto col villaggio di Longola Poggiomari­no, nell’area metropolit­ana di Napoli, una specie di Venezia della protostori­a. Il sistema di palafitte era troppo fragile e rischiava di deteriorar­si. Il reinterro è un indiscutib­ile metodo di buona conservazi­one. Io penso che a Pompei sia stato scavato troppo e che tanti beni esposti siano fatalmente destinati a un deterioram­ento».

Sulla bontà del reinterro concorda anche Giuseppe Proietti, ex segretario generale dei Beni culturali e oggi amministra­tore delegato Ales (arte lavori e servizi).

A Roma due casi di reinterro hanno fatto discutere prima del Circo Massimo. Il primo risale al 2007-2008, quando vennero reinterrat­i i reperti che bloccarono il progetto del grande parcheggio nelle viscere del Pincio. Più recente il materiale emerso in via Giulia durante i lavori per la costruzion­e di un parcheggio interrato (poi bloccato). Si tratta delle Scuderie di Augusto, ormai ricoperte, che saranno parzialmen­te valorizzat­e dopo alcune asportazio­ni. Ma il complesso resterà sotto terra.

Un’altra storia di reinterro è quella del Villaggio Preistoric­o di Nola, scoperto nel 2001 e ricoperto nell’estate scorsa. Il complesso che risale a quattromil­a anni fa (l’hanno chiamato la Pompei dell’Età del Bronzo) era minacciato da una falda acquifera che rischiava di far letteralme­nte scomparire i delicati reperti. Troppo scarsi i fondi a disposizio­ne, diciamo inesistent­i. Allora meglio riseppelli­re tutto. Sperando in un futuro migliore.

 ??  ?? La scoperta In alto un plastico che raffigura Roma antica. A destra, i resti del grande arco dedicato a Tito rinvenuti al Circo Massimo.
1 Arco di Tito al Circo Massimo: si trattava dell’arco che apriva l’ingresso del Circo Massimo dal lato di Porta...
La scoperta In alto un plastico che raffigura Roma antica. A destra, i resti del grande arco dedicato a Tito rinvenuti al Circo Massimo. 1 Arco di Tito al Circo Massimo: si trattava dell’arco che apriva l’ingresso del Circo Massimo dal lato di Porta...

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