REGIONALI, LE SORPRESE E LE INCOGNITE DI UN VOTO
Ed è al suo interno, dunque, che bisogna aspettarsi i contraccolpi più immediati. Il prezzo pagato è stato di immagine, di tensioni; e nelle prossime ore si capirà se anche di voti. Pesa una sorta di larvato sabotaggio elettorale, nonostante gli attestati di lealtà. Ed è difficile pensare che quanto è accaduto a sinistra rimarrà senza conseguenze traumatiche. Ce ne sarebbero se alla fine il voto ligure desse corpo ad una situazione di ingovernabilità della regione.
Era previsto anche il ridimensionamento non tanto e non solo del centrodestra ma di Forza Italia. E l’impressione è che nel grande serbatoio delle astensioni ci siano parte della frustrazione e del disorientamento dell’elettorato di Silvio Berlusconi. La sua crisi ha portato con sé quello della ex coalizione che fino a quattro anni fa dominava l’Italia. Il successo quasi scontato in Veneto conferma e non smentisce questa analisi. Anzi, essendo una vittoria trainata dalla Lega drammatizza la competizione per la guida di uno schieramento tutto da reinventare.
Eppure, aritmeticamente Fi più Lega rimangono quasi ovunque l’alternativa al blocco renziano, confermata da un’eventuale vittoria in Liguria o in Umbria. Ridarebbe ossigeno all’idea che un centrodestra unito può ancora dare filo da torcere alla strategia «pigliatutto» del presidente del Consiglio. Ma tutto questo non può cancellare l’aspetto più eclatante delle regionali: quasi metà dell’elettorato non è andato a votare. Significa che i partiti, anche quelli antisistema, sono immersi nella crisi. La riflettono, e non sono in grado di risolverla: non ancora.