Corriere della Sera

Incontri, odori, sapori Quelle storie che raccontano il Giro

- di Paolo Di Stefano

Sono più le cose non raccontate che quelle dette e scritte e ripetute: storie, incontri, odori, sapori, voci. Quella di don Agostino Frasson, il sacerdote che dirige la Casa don Guanella a Lecco. L’ho incontrato nel duro pomeriggio dell’Aprica, il colosso di Rho che in tuta da ciclista aveva appena scalato il Mortirolo con tre dei «suoi» ragazzi. «Fatichiamo seriamente», ha detto con un sorriso aperto su macerie di denti. La sua teologia è il ciclismo. Tra i giovani a cui ha dato accoglienz­a c’è l’afghano Nur, un profugo partito sedicenne dal suo Paese, nel 2010, approdato in Iran e poi in Turchia, catturato dalla polizia greca prima di fuggire su un camion. In Italia si appassiona alla bicicletta, impara a fare il meccanico e oggi è praticante in un’officina di Pozzi di Monguzzo. Il ciclista australian­o Cadel Evans l’ha conosciuto l’anno scorso e gli ha proposto di seguire il Giro del Trentino con la sua squadra. All’Aprica, Nur era felice tra i suoi amici.

A Castiglion­e della Pescaia, la caduta di Contador ha travolto come un birillo anche un mio desiderio: andare a trovare Italo Calvino nel piccolo cimitero sulla collina. La giornata convulsa, la partenza immediata… La tomba di Calvino è rimasta un’immagine recuperata dalle frasi di Fernanda Pessolano, che ha trovato il tempo per salire a visitarla. Biblioteca­ria a Roma, ogni mattina che il Giro ha mandato in terra Fernanda anticipava la tappa per incontrare bambini e ragazzi in bibliotech­e di paese o di città. Tema d’obbligo: le due ruote, trasferite in laboratori e teatrini. E suggerite dalla lettura di racconti e poesie: «Ecco, nel lento oblio, rapidament­e in vista / apparve una ciclista a sommo del pendio» (Gozzano). La tomba di Calvino? Un marmo chiaro coperto di rosmarino e timo, per leggere il suo nome bisogna farsi largo con le mani.

Se dovessi scegliere un sapore, non avrei dubbi. Punterei verso il Molise, e tornerei sulla Statale di Venafro, di fronte al cimitero militare francese c’è una bottega, sulla porta una tendina a liste di plastica gialla: annuncia mozzarelle di bufala e prodotti locali. Mai mangiato un pane migliore, scuro, compatto, pesante, crostoso, meridional­e. Il paradiso è mandarlo giù con un angolo di ricotta di pecora. Secondi, ex aequo: i maccheroni pomodoro e basilico di Telese, provincia di Benevento, e a Breuil-Cervinia una zuppa gratinata di foglie di cavolo che si scioglie nel palato. Uno châlet dove ti svegliano i fischi delle marmotte.

L’emozione: la testa tra le nuvole del Colle delle Finestre. Colonna sonora ideale: «Diavolo rosso dimentica la strada, vieni qui con noi a bere un’aranciata…» (Conte). Due frasi commoventi: «Di cosa devo parlare?» (Modolo in conferenza stampa dopo una volata trionfale); «Se prendessi un po’ di più vivrei, adesso sopravvivo» (il gregario Bandiera a proposito del suo stipendio). Le parole che non ci mancherann­o: «bueno» (Contador) e «dài» (Aru).

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(Ansa ) Premiazion­e Contador e Aru fanno festa sul podio

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