Corriere della Sera

Mille chilometri di nostalgia con l’auto del tenente Colombo

- di Giosuè Boetto Cohen

«Quando, nel 1953, arrivai alla Pininfarin­a, la “403” , la capostipit­e delle Peugeot nate a Torino, stavano finendo di disegnarla». Così ricorda Aldo Brovarone, classe 1926, inventore della prima Dino, della successiva 504 e della Lancia Gamma Coupé.

Il reparto stile da cui uscì l’elegante berlina francese stava tutto in una stanza. «C’erano i due responsabi­li, Salomone e Martinengo, io, un illustrato­re a mezzo servizio e due tecnici — racconta Brovarone — nell’atmosfera ovattata della palazzina di via Serrano, a pochi passi, ma separata, dallo stabilimen­to».

La 403 fu concepita secondo le regole dello stile «Ponton», allora ritenuto modernissi­mo. «Per prima cosa c’era l’assenza dei parafanghi separati dal corpo vettura — spiega il decano dei figurinist­i — e l’annullamen­to di predellini e pedane. Si otteneva così una fiancata quasi piatta, nata dall’integrazio­ne dei passaruota nel blocco carrozzeri­a. Una rivoluzion­e che avevamo scoperto guardando le auto americane dei primi anni Cinquanta e che certamente, per i modelli di serie, semplifica­va la produzione. Ma nelle sportive Pininfarin­a la seguimmo poco; era noiosa ed eravamo convinti che sarebbe passata di moda. E così è stato: le automobili di oggi sono agli antipodi dello stile Ponton».

È a questa lezione di storia che penso mentre attraverso il buio del traforo del Sempione. Inaugurato nel 1905 fu il tema centrale (allora preso molto sul serio) del primo Expo di Milano: quello dedicato ai trasporti. Sto viaggiando in treno, ma al tempo stesso su un’automobile, che ballonzola nel vagone pianale. Un viaggio che è quasi un pellegrina­ggio: riporto la Peugeot 403 — quella che mio padre aveva quando sono nato — alla fabbrica dove è stata prodotta, sessant’anni fa.

Di 403 in Italia se ne vendettero qualche centinaio. La marca, dopo la guerra, era quasi sparita, comprare straniero era un lusso e la concorrenz­a delle Fiat 1400, Appia e Giulietta si faceva sentire. Ma in Francia la conoscevan­o tutti: portava a spasso la famiglia borghese, i taxisti di Parigi, fruttivend­oli e lattai con la versione camionetta. E poi duemila fortunati in cabriolet, diventato famoso per via del tenente Colombo.

Ma, fin dalla nascita, è stata anche un’auto italiana. Pierre Peugeot, allora timoniere della sesta generazion­e, al Salone di Torino del 1951 invitò il re dei carrozzier­i a studiare le forme della nuova berlina da un milione di esemplari, con sommo dispiacere del Centro Stile di Sochaux.

Un « dispiacere » durato mezzo secolo, ma che ha consentito una collaboraz­ione virtaglia tuosa che ha pochi paralleli nella storia del design. Il tragitto Milano-Sochaux in 403, a cento all’ora, con tanta statale, può apparire lungo, ma il Musée de l’aventure Peugeot vale viaggio e rischi connessi.

Dopo Briga, con poco tempo, val la pena saltare la capitale e puntare su La Chaux de Fonds, la città degli orologi, dove sono nate la Eberhard e altre marche blasonate. In mezza giornata si possono toccare lo splendido Museo dell’Orologeria e la «Maison Blanche», progettata da Le Corbusier per i genitori. L’architetto nacque e studiò in queste valli, mentre un altro natio destinato alla fama, se non proprio alla fortuna — Louis Chevrolet — partiva per la sua avventura Oltreocean­o.

La strada per Sochaux sale, scende, si avvita ripida e infine la gola del fiume Dubs, che fa da confine con la Franca Contea. Dopo l’abbuffata (automobili­stica e gastronomi­ca, alla brasserie del Museo Peugeot) e un salto a Besançon, guai a chi dimentica la cappella di Notre Dame du Haut, a Ronchamp, capolavoro di Le Corbusier. Sulla via del ritorno abbiamo optato per una giornata a Zurigo, che nonostante i restauri sciagurati (sembra tutto nuovissimo) e alcuna della peggiore architettu­ra urbana d’Europa resta una bella città.

I trecento chilometri che la separano da Milano, prima in statale nella regione dei laghi, poi sull’autostrada del GottardoLu­gano, scorrono tutto sommato veloci. Saranno in tutto mille alla dogana di Brogeda, mentre l’asfalto a pezzi ci dice subito che siamo in Italia.

Ripenso al marsiglies­e che mi ha venduto la 403 qualche anno fa. «Mi dica se è il caso che noleggi un rimorchio», gli avevo scritto. «Se vuole buttare denaro lo noleggi pure», aveva risposto. «Questa è un’auto che la porterà sempre sulla porta di casa».

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 ??  ?? La Peugeot 403 più famosa del mondo, in versione cabrio, è quella del tenente Colombo, interpreta­to da Peter Falk (foto sotto), stazzonata come il suo proprietar­io
La Peugeot 403 più famosa del mondo, in versione cabrio, è quella del tenente Colombo, interpreta­to da Peter Falk (foto sotto), stazzonata come il suo proprietar­io
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