Ma chi controlla le società? Consob chiede la legge
Dal caso Pirelli-Olimpia Telecom a Edison a Fondiaria-Sai: i verdetti dell’Autorità
Chi controlla davvero una società quotata? Che cos’è l’influenza dominante? Come si evidenzia il controllo di diritto e di fatto su un gruppo? Che margini interpretativi esistono per le autorità? Non sono domande da poco. Le risposte non sono univoche. E le norme, almeno a giudizio degli esperti della Consob, non appaiono più adatte ai tempi né alla normativa europea.
Sulla base del concetto di controllo e influenza dominante del codice civile (art. 2359) e del testo unico della finanza (art. 93) si è mossa negli anni l’Authority di controllo sulla Borsa intervenendo e sanzionando le società sotto esame, ordinando un’Opa, chiedendo più informazioni o prendendo decisioni che talvolta hanno cambiato il corso di un’operazione straordinaria. I casi sono stati clamorosi: la catena Pirelli-Olimpia-Telecom Italia, la scalata alla Edison, la presa di controllo di Sai su Fondiaria.
Ora la Consob pubblica uno studio che avanza dubbi su come il concetto stesso è stato costruito, per gli ampi problemi interpretativi e applicativi emersi nella pratica, e per i contenziosi cui ha dato origine. Nei Quaderni Giuridici, gli esperti Giovanni Mollo e Dario Montesanto evidenziano sia l’evoluzione del concetto di controllo sia i vari aspetti sotto i quali esso può esercitarsi, che non sono solo il possesso azionario ma per esempio — secondo la linea della Consob — anche la capacità di influenzare e dirigere l’assemblea ordinaria, dove si decide la nomina degli organi amministrativi.
Ma il tema è tutt’altro che chiaro. Per questo motivo i due ricercatori — in un documento che non impegna direttamente l’Authority — suggeriscono al Parlamento di introdurre esplicitamente il principio cardine usato in questi anni dall’autorità di vigilanza: controlla la società chi ha il potere di nomina o revoca degli amministratori in assemblea, e chi determina, approvando il bilancio annuale, «un generale indirizzo della gestione». I dubbi comunque persistono: per quanto tempo (un anno, due anni) si deve gestire un’assemblea affinché si possa parlare di controllo? Un altro criterio potrebbe essere quello di rifarsi ai principi contabili internazionali (Ias/Ifrs). Ma poi andrebbero anche regolati due fenomeni tipici del sistema italiano, come i patti di sindacato o gli accordi tra soggetti senza una posizione di supremazia gli uni sugli altri.