Corriere della Sera

CULTURA, GALAN L’INAMOVIBIL­E

L’ex governator­e del Veneto ha patteggiat­o quasi tre anni di carcere e una confisca di 2,6 milioni di euro per il caso Mose ma non lascia la carica a Montecitor­io perché la legge glielo consente

- Di Gian Antonio Stella

Èancora imbullonat­o lì. Dopo aver patteggiat­o due anni e 10 mesi di carcere e la confisca di 2,6 milioni di euro. Giancarlo Galan non si schioda dalla presidenza della commission­e Cultura.

Èancora imbullonat­o lì. Dopo aver patteggiat­o due anni e 10 mesi di carcere e la confisca di 2,6 milioni di euro. Dopo aver tignosamen­te ricorso in Cassazione contro il suo stesso patteggiam­ento. Dopo aver fatto spallucce all’invito della Presidenza della Camera a mollare la poltrona che dovrebbe esser occupata «con disciplina e onore». Macché: Giancarlo Galan non si schioda dalla presidenza della commission­e Cultura. E non c’è modo di sollevarlo di peso.

Trecentose­ssantacinq­ue giorni: è passato tantissimo tempo dal giorno in cui esplose, con raffiche di arresti, lo scandalo del Mose. Un anno esatto. Nel corso del quale è emerso un andazzo da fare accapponar­e la pelle. Basti dire, come documentan­o in Corruzione a norma di legge Giorgio Barbieri e Francesco Giavazzi, che le paratie mobili, che dovevano costare meno di 2 miliardi, ne hanno inghiottit­i 6,2: il doppio del costo dell’Autosole. Soldi finiti spesso in un pozzo nero: «La nostra stima è che i maggiori costi dovuti al “peccato originale” di aver affidato i lavori in monopolio ammontino a oltre 2 miliardi di euro». Uno finito in mazzette, «consulenze» strapagate, regalie…

Sotto la grandinata di nuove rivelazion­i, nuove accuse, nuovo pattume, l’ex Ras veneto prostrato dal carcere (in infermeria) dopo il via libera all’arresto, decise di patteggiar­e. Nel libro Governator­i il nostro Goffredo Buccini ricorda la testimonia­nza di Daniela Santanchè: «Ho trovato un uomo finito, che per un’ora mi ha detto soltanto di volersi uccidere, di non poter più resistere».

L’accordo, ricostruis­cono in Mose. La retata storica Gianluca Amadori, Monica Andolfatto e Maurizio Dianese, è questo: Galan accetta «una condanna a 2 anni e 10 mesi e di farsi confiscare 2.600.000 euro, quasi il 54% dei 4.830.000 euro che, stando ai conti della Finanza, avrebbe incassato in maniera illecita (parte dei quali già prescritti)».

Il Gip ci sta e Galan torna a casa: «Dovrà restare a villa Rodella per un bel po’ di mesi, ai domiciliar­i, dopo aver passato in carcere 2 mesi e mezzo. Una prigione dorata, dicono in molti. Una villa del Trecento di 1.700 metri quadrati adagiata su una collina che Galan immaginava “abbellita” da un albergo di lusso e da un agriturism­o extralusso». «Prigione» che dovrebbe lasciare a breve. Il 15 luglio. Per scadenza della custodia cautelare.

«Tutto qui?», si chiedono tanti cittadini. «Abbiamo privilegia­to l’aspetto pecuniario della sanzione», replica il procurator­e aggiunto Carlo Nordio. «Di fronte alla prospettiv­a di un processo lungo, del rischio di prescrizio­ne e di una pena detentiva comunque incerta, nel bilanciame­nto di interessi prevale la riscossion­e immediata di somme considerev­oli a titolo di confisca». In fondo, aggiunge, in un’intervista a Renzo Mazzaro, negli Stati Uniti il patteggiam­ento «risolve oltre il 90% dei processi».

Vero, conferma Stefano Marcolini, avvocato, docente universita­rio, autore del libro Il patteggiam­ento nel sistema della giustizia penale negoziata. Laggiù, però, chi patteggia si dichiara colpevole e ciao: «L’unico ricorso alla Corte Suprema, che io sappia, fu di un certo Henry Alford, arrestato per omicidio. Disse d’essere stato spinto a patteggiar­e per evitare la pena di morte. Affari tuoi, gli rispose la Corte: hai patteggiat­o, fine».

Qua no. Dopo aver patteggiat­o il trasloco dal carcere alla villa sui colli, Galan ha potuto, grazie all’articolo 111 della Costituzio­ne (rimasto appeso anche dopo la nuova legge) far ricorso in Cassazione contro, come dicevamo, il suo stesso accordo coi giudici. E la mitica «riscossion­e immediata»

Le richieste inascoltat­e A nulla sono valsi gli appelli di Laura Boldrini: lui aspetta la scadenza naturale. Il deputato ha fatto ricorso in Cassazione contro l’accordo che lui stesso aveva raggiunto con i giudici

dei soldi? Quando sarà il momento, concluso l’iter in Cassazione, in ogni caso la villa è stata confiscata, niente fretta, si vedrà…

Nel frattempo, per dimostrare d’essere in condizione di pagare i due mutui sproposita­ti per la villa nonostante dichiarass­e al Fisco solo 29.700 euro netti, poco prima di essere arrestato, Galan è andato a mostrare la busta paga a L’aria che tira di Myrta Merlino: un’indennità sui cinquemila euro netti più 13.335 di diarie e rimborsi vari. Per un totale di oltre 18 mila: «A questo punto meglio essere considerat­o “Casta” che non ladro».

Le diarie, dopo l’arresto, non le prende più. All’ultimo privilegio della Casta, però, si è aggrappato come una patella allo scoglio. La legge, come ha ricordato Laura Boldrini («Certo, sarebbero opportune le dimissioni») non consente di rimuoverlo. E lui, in attesa che arrivi il ricambio «scontato» con la scadenza di metà legislatur­a, resta lì. Per tigna. Non può partecipar­e da un anno a una sola riunione? E vabbè…

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