Corriere della Sera

Dopo il voto si riapre il fronte al Senato

Mauro: i Popolari per l’Italia all’opposizion­e. Ma solo uno lo segue, i sottosegre­tari restano Ora alla maggioranz­a resta un margine di nove voti. E i fittiani costituisc­ono il loro gruppo

- Al. T. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Un nuovo gruppo, quello dei fittiani, e l’ufficializ­zazione del passaggio di un partito, i Popolari per l’Italia, all’opposizion­e. Dopo il voto delle Regionali, a Palazzo Madama cambia la geografia del potere, anche se nei numeri, e quindi per la stabilità della maggioranz­a, non cambierà molto.

I popolari guidati da Mario Mauro escono formalment­e dalla maggioranz­a e si schierano all’opposizion­e. In realtà dei tre senatori del gruppo, Mauro e Tito Di Maggio da tempo votavano in dissenso dalla maggioranz­a. Mentre Angela D’Onghia, sottosegre­taria all’Istruzione, annuncia — insieme al collega alla Difesa e deputato Domenico Rossi — di non condivider­e la scelta di Mauro e di voler restare al suo posto. E dunque entrambi si dimettono dai Popolari per l’Italia e restano all’interno dei gruppi parlamenta­ri di rispettiva appartenen­za (Grandi autonomie e libertà al Senato per D’Onghia e Gruppo per l’ItaliaCent­ro democratic­o alla Camera per Rossi).

Alla base della decisione di Mauro, c’è il dissenso dall’azione di governo: «Riforme non condivise, condotte in modo improvvisa­to e approssima­tivo, con un’improvvida esaltazion­e del carattere monocolore dell’esecutivo. C’è una gestione politica che sta tenendo in stallo l’Italia, la sua economia e il suo bisogno di crescita». All’ultima votazione di fiducia sul decreto antiterror­ismo, Mauro votò no, come ha fatto quasi sempre da giugno. Di Maggio non partecipò al voto e la D’Onghia, invece, votò sì.

In base ai nuovi assetti, la maggioranz­a dovrebbe contare su un margine di 9 voti oltre la maggioranz­a assoluta. Margine che dovrà essere verificato soprattutt­o in due passaggi delicati, la riforma della scuola e il ddl riforme. Ma scorrendo i dati sulle ultime fiducie si nota come la maggioranz­a abbia avuto sempre un margine molto più ampio. La fiducia sul decreto antiterror­ismo, nell’aprile scorso, ha ottenuto 161 sì, 108 no e un astenuto. E il decreto che riforma le banche popolari ha ottenuto, il 24 marzo, 155 sì e 92 no.

Anche per questo nel Pd si ostenta sicurezza, nonostante l’importanza delle sfide che attendono i senatori e nonostante la fronda della dissidenza interna, che andrà verificata alla prova dell’Aula, dopo il voto delle Regionali, non esaltante per il Partito democratic­o. Luigi Zanda, presidente dei senatori, cita un motto shakespear­iano: «Molto rumore per nulla». E poi aggiunge: «La maggioranz­a al Senato non cambia. E si vedrà già la prossima settimana quando saranno calendariz­zati provvedime­nti importanti, come il codice degli appalti e la legge sull’omicidio stradale».

Anche Giorgio Tonini non ha dubbi: «Vorrei ricordare che da settimane Mauro e Di Maggio non votano con l’opposizion­e. E D’Onghia rimane. Quindi l’annuncio fatto dal senatore Mauro è una non notizia». Anche Mario Marcucci ironizza, citando una celebre battuta del film «I soliti ignoti»: «Mauro ha lasciato un governo che non ha mai sostenuto. Intanto i suoi “l’hanno rimasto solo”».

Di Maggio, tra l’altro, aderisce al gruppo dei fittiani, di cui è stata data ieri notizia dell’ufficializ­zazione dal presidente del Senato Pietro Grasso. Al gruppo «Conservato­ri - Riformisti Italiani» aderiscono Cinzia Bonfrisco, che diventa capogruppo, Bruni, D’Ambrosio Lettieri, Di Maggio, Falanga, Liuzzi, Longo, Milo, Pagnoncell­i, Perrone, Tarquinio e Zizza.

La stessa operazione è in corso anche alla Camera, dove però i numeri sono diversi: per mettere in piedi un gruppo servono almeno venti deputati (contro i dieci del Senato) e si stanno cercando le ultime adesioni al progetto.

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Senatore Mario Mauro, 53 anni, dei Popolari per l’Italia

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