La telefonata a Verdini Ultima mossa di Berlusconi per evitare la rottura
Rapporti gelidi, ma l’ex premier non può permettersi altre uscite
Su Fitto «Non mi importa di perdere uno che se ne va e prende il 9 per cento in Puglia»
Non è il big bang, ma potrebbe diventarlo. L’addio dei 12 senatori fittiani chiude un tormentone durato mesi e mette il sigillo su una storia ormai consumata. Ma non esaurisce il capitolo scissioni-abbandoni-strappi che da due anni sembra inseguire come una maledizione Forza Italia.
Se infatti l’ex governatore pugliese se ne va con dieci azzurri e due innesti da altri gruppi, e prepara la scissione anche alla Camera, dove però arrivare ai numeri necessari non è facile (ne servono 20, si sarebbe a quota 12-14), è Denis Verdini che potrebbe assestare al suo partito un colpo ancora più duro. Perchè Fitto assicura che non andrà mai a dare sostegno a Renzi, visto che la sua sarà una forza di opposizione ragionevole ma «chiara». L’ex coordinatore invece mirerebbe a metter su una sorta di gruppo-cuscinetto tra maggioranza e opposizione che al Senato darebbe una mano al governo soprattutto sulle riforme. E all’operazione starebbero lavorando anche ormai ex fittiani, come Romano e Galati.
Dal gruppo azzurro a palazzo Madama assicurano che l’operazione scouting è «pesantemente in corso», anche se difficile: «Molti dei nostri, anche berlusconiani doc, sono stati sondati ma hanno rifiutato». E, ad oggi, secondo i conti dei vertici forzisti studiati ieri anche ad Arcore, dove Giovanni Toti ha passato la giornata con Berlusconi, sarebbero non più di 4-5 gli azzurri pronti a seguire al Senato Verdini. È vero che se ci fosse l’apporto di altri parlamentari del Misto — Gal può essere un serbatoio — o qualche arrivo da Ncd, i 10 senatori necessari sarebbero presto raggiunti, ma quanto inciderebbe negli equilibri necessari per la navigazione del governo Renzi?
Uomini vicini a Verdini, come Luca D’Alessandro e Ignazio Abrignani, non vogliono sentir parlare di addio, e si limitano a ribadire che la loro posizione è ferma al «documento con cui abbiamo sostenuto il nostro sì alle riforme»: se si continuerà a considerare questa «una legislatura costituente, noi non avremo alcun problema» dice il secondo. Insomma, è sul sì alle riforme — che per i verdiniani è quasi incondizionato e per gli altri azzurri ad oggi escluso, a meno di modifiche importanti da parte di Renzi — che si potrebbe consumare la rottura.
In questo scenario Berlusconi si muove con attenzione. Tanto da aver telefonato ieri a Verdini dopo giorni di silenzio, prendendo un appuntamento per vedersi — e chiarirsi — vis a vis nelle prossime ore. Il gelo resta per ora, anche perché i segnali arrivati dagli uomini a lui più vicini non sono buoni. I toni duri usati da Toti negli ultimi giorni e ripetuti in privato in queste ore («Se vogliono andarsene, vadano. Sul territorio non hanno forza: il partito è cambiato... » ) vengono visti molto male dai verdiniani. E però, se si potesse evitare una rottura che indebolisce il partito nelle battaglie parlamentari (che saranno dure su scuola, Rai, legge sui partiti e riforme, come annunciato da Romani e Bernini ai senatori riuniti ieri sera), sarebbe meglio.
Per questo Berlusconi tenta di frenare Verdini, e riunirà il gruppo di Palazzo Madama la prossima settimana per confortare e motivare tutti. Pensando però che, male che vada, e in caso di voto in dissenso di qualche azzurro, non sarebbe una tragedia: andare al voto subito «non è il nostro obiettivo, abbiamo bisogno di tempo per organizzarci», dice l’ex premier ai suoi, che mira piuttosto al «logoramento» di Renzi. Meglio se con FI unita, certo, molto meglio. Ma non a tutti i costi. Rispetto ai fittiani, per dire, Berlusconi ostenta totale disinteresse: «Non mi importa nulla che se ne va uno che vuole fare il leader nazionale e non supera il 9% in Puglia, uno che ha un gruppo con due concetti opposti, Conservatori e Riformisti... Se ne vadano tranquillamente, ma poi dove vanno?».
Gli appuntamenti La prossima settimana la riunione del gruppo a Palazzo Madama per trovare la strategia