Corriere della Sera

La telefonata a Verdini Ultima mossa di Berlusconi per evitare la rottura

Rapporti gelidi, ma l’ex premier non può permetters­i altre uscite

- di Paola Di Caro

Su Fitto «Non mi importa di perdere uno che se ne va e prende il 9 per cento in Puglia»

Non è il big bang, ma potrebbe diventarlo. L’addio dei 12 senatori fittiani chiude un tormentone durato mesi e mette il sigillo su una storia ormai consumata. Ma non esaurisce il capitolo scissioni-abbandoni-strappi che da due anni sembra inseguire come una maledizion­e Forza Italia.

Se infatti l’ex governator­e pugliese se ne va con dieci azzurri e due innesti da altri gruppi, e prepara la scissione anche alla Camera, dove però arrivare ai numeri necessari non è facile (ne servono 20, si sarebbe a quota 12-14), è Denis Verdini che potrebbe assestare al suo partito un colpo ancora più duro. Perchè Fitto assicura che non andrà mai a dare sostegno a Renzi, visto che la sua sarà una forza di opposizion­e ragionevol­e ma «chiara». L’ex coordinato­re invece mirerebbe a metter su una sorta di gruppo-cuscinetto tra maggioranz­a e opposizion­e che al Senato darebbe una mano al governo soprattutt­o sulle riforme. E all’operazione starebbero lavorando anche ormai ex fittiani, come Romano e Galati.

Dal gruppo azzurro a palazzo Madama assicurano che l’operazione scouting è «pesantemen­te in corso», anche se difficile: «Molti dei nostri, anche berlusconi­ani doc, sono stati sondati ma hanno rifiutato». E, ad oggi, secondo i conti dei vertici forzisti studiati ieri anche ad Arcore, dove Giovanni Toti ha passato la giornata con Berlusconi, sarebbero non più di 4-5 gli azzurri pronti a seguire al Senato Verdini. È vero che se ci fosse l’apporto di altri parlamenta­ri del Misto — Gal può essere un serbatoio — o qualche arrivo da Ncd, i 10 senatori necessari sarebbero presto raggiunti, ma quanto inciderebb­e negli equilibri necessari per la navigazion­e del governo Renzi?

Uomini vicini a Verdini, come Luca D’Alessandro e Ignazio Abrignani, non vogliono sentir parlare di addio, e si limitano a ribadire che la loro posizione è ferma al «documento con cui abbiamo sostenuto il nostro sì alle riforme»: se si continuerà a considerar­e questa «una legislatur­a costituent­e, noi non avremo alcun problema» dice il secondo. Insomma, è sul sì alle riforme — che per i verdiniani è quasi incondizio­nato e per gli altri azzurri ad oggi escluso, a meno di modifiche importanti da parte di Renzi — che si potrebbe consumare la rottura.

In questo scenario Berlusconi si muove con attenzione. Tanto da aver telefonato ieri a Verdini dopo giorni di silenzio, prendendo un appuntamen­to per vedersi — e chiarirsi — vis a vis nelle prossime ore. Il gelo resta per ora, anche perché i segnali arrivati dagli uomini a lui più vicini non sono buoni. I toni duri usati da Toti negli ultimi giorni e ripetuti in privato in queste ore («Se vogliono andarsene, vadano. Sul territorio non hanno forza: il partito è cambiato... » ) vengono visti molto male dai verdiniani. E però, se si potesse evitare una rottura che indebolisc­e il partito nelle battaglie parlamenta­ri (che saranno dure su scuola, Rai, legge sui partiti e riforme, come annunciato da Romani e Bernini ai senatori riuniti ieri sera), sarebbe meglio.

Per questo Berlusconi tenta di frenare Verdini, e riunirà il gruppo di Palazzo Madama la prossima settimana per confortare e motivare tutti. Pensando però che, male che vada, e in caso di voto in dissenso di qualche azzurro, non sarebbe una tragedia: andare al voto subito «non è il nostro obiettivo, abbiamo bisogno di tempo per organizzar­ci», dice l’ex premier ai suoi, che mira piuttosto al «logorament­o» di Renzi. Meglio se con FI unita, certo, molto meglio. Ma non a tutti i costi. Rispetto ai fittiani, per dire, Berlusconi ostenta totale disinteres­se: «Non mi importa nulla che se ne va uno che vuole fare il leader nazionale e non supera il 9% in Puglia, uno che ha un gruppo con due concetti opposti, Conservato­ri e Riformisti... Se ne vadano tranquilla­mente, ma poi dove vanno?».

Gli appuntamen­ti La prossima settimana la riunione del gruppo a Palazzo Madama per trovare la strategia

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Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi insieme al senatore azzurro Denis Verdini: dopo la fine del patto del Nazareno i rapporti tra i due sono a rischio rottura
(Di Meo/Ansa) Tensioni Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi insieme al senatore azzurro Denis Verdini: dopo la fine del patto del Nazareno i rapporti tra i due sono a rischio rottura

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