Addio Gibì, maestro del calcio totale e di Pablito
Scomparso a 89 anni Fabbri: guidò il Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi al secondo posto
Non era un allenatore dalle mezze misure: o veniva promosso o retrocedeva. Ma anche quando retrocedeva, lo faceva con stile. A Piacenza, dopo la partita della condanna in C, lo aspettavano in 300: «Oddio, oggi prendo le bastonate, pensavo, e invece mi hanno portato in trionfo, non lo dimenticherò mai». Perché le sue squadre giocavano un gran bel calcio. Calcio totale.
Era un allenatore innovativo, Giovan Battista Fabbri detto Gibì, forse troppo. Ieri, all’età di 89 anni, dopo una breve malattia, ha smesso di lamentarsi di quanto il calcio attuale sia brutto, di quanto non sia stato capito, di come non sia mai riuscito a guidare una grande squadra. Se n’è andato in silenzio, nella sua casa di Ferrara, qualche settimana dopo aver postato sul suo profilo Facebook (all’avanguardia anche a 89 anni) una foto con Paolino Rossi, il suo figlio prediletto.
Già, Paolo Rossi, il ragazzino con le ginocchia a pezzi che Gibì trasformò in un campione. «Per me era come un papà», ha raccontato commosso Pablito. «Padre, fratello e zio» l’avrebbe corretto Fabbri. Di sicuro mentore. L’uno ha fatto la fortuna dell’altro: Gibì allenava il Vicenza, stagioni 1976-77 e 1977-78, Rossi non era ancora Paolorossi e non era neppure ventenne, eppure il primo anno segnò 21 gol in B, con promozione, e il secondo 24 in A (capocannoniere) e il Lanerossi conquistò il secondo posto a 5 punti dalla Juventus. Poi ci fu la famosa busta da 2 miliardi e 612 milioni di lire, la cessione di Lelj e Filippi. E la retrocessione in B. Ma questa è un’altra storia.
Fabbri raccolse meno di quanto avrebbe meritato, la colpa era di un calcio che non lo capiva: «Ci vorrebbero dieci allenatori con le mie idee». Per innovare, ne è bastato uno.