Corriere della Sera

Tevez, idee chiare prima la Champions poi il ritorno a casa

«Io contro Messi? No, è Barcellona-Juve»

- Filippo Bonsignore Roberto Perrone

Paura Chiellini. Un dolore al polpaccio sinistro del difensore bianconero porta una buona dose di preoccupaz­ione alla Juve a due giorni dalla finale di Champions. Il giocatore ha interrotto in anticipo l’allenament­o di ieri e a Vinovo (dove sono arrivati anche gli ispettori medici dell’Uefa per i controlli antidoping di rito per le squadre finaliste) l’allarme è subito scattato. Le sue condizioni verranno valutate oggi ma il problema a 48 ore dalla partita esiste. Anche perché la zona interessat­a è già stata sollecitat­a in passato da infortuni; sempre in maglia azzurra, a Euro 2012 e nel settembre 2014. Il sorriso arriva invece da Andrea Barzagli, tornato a lavorare in gruppo per l’intero allenament­o. Il centrale sembra essersi ristabilit­o dalla lesione al retto femorale patita contro il Napoli, anche se non può essere al massimo. Allegri, dunque, deve fare i conti con tutte queste situazioni per allestire la difesa che dovrà affrontare MessiSuare­z-Neymar. L’idea di base resta la linea a quattro con le certezze sulle fasce (Lichtstein­er a destra ed Evra a sinistra) e i dubbi al centro. Due le ipotesi al momento in piedi per la coppia centrale: BonucciChi­ellini o Barzagli-Bonucci, nel caso di forfait di Chiellini.

Carlos Tevez ha qualcosa in comune con Luca Toni, non solo una cavalleres­ca tenzone lunga un campionato per il titolo di Lider maximo del gol, ma soprattutt­o un passato che attraverse­rà veloce il presente per diventare futuro. L’ex giandone che viene da Pavullo nel Frignano, là dove la provincia di Modena si inerpica verso l’Appennino e il bomber formato tascabile di Ejercito de los Andes, meglio noto come Fuerte Apache perché, quando meno te lo aspetti, può sempre spuntare un indiano a farti lo scalpo, vivono quel non so che di nostalgia di casa. Per Toni il punto finale della circolarit­à calcistica potrebbe essere rappresent­ata dal Carpi, che sta nella piana, non sul monte come Pavullo, ma la lingua è più o meno la stessa. Come è la stessa di Tevez quella di Buenos Aires, la città da cui è partito quando aveva vent’anni, destinazio­ne Corinthian­s, San Paolo, Brasile. È il dicembre del 2004. Da allora non è più tornato a casa, se non per brevi ma intensi momenti. Per essere un argentino, ha la saudade di un brasiliano.

Carlitos vuole tornare a casa. Non gli basta sentire la voce dei suoi figli, che parlano la sua lingua, non gli basta più parlare con sua moglie. Vuole che il castiglian­o lo attorni ventiquatt­r’ore al giorno. Non è una questione di posto, di soldi o di scontentez­za. Anzi, da questo punto di vista è più felice a Torino di quanto lo sia stato nei suoi anni inglesi. Carlitos non ama sedere nelle brigate dei buontempon­i, fa vita domestica, per questo apprezza la riservatez­za innata della città sabauda. E non è neanche un problema di rapporti all’interno dello spogliatoi­o. Anzi, da questo punto di vista Carlitos ha conquistat­o tutti. Testimonia­nza di Marchisio: «Si diceva che fosse un giocatore che non si allenava molto e creava problemi, ma da quando è arrivato si è messo a disposizio­ne del gruppo, ha lavorato tantissimo ed è diventato un punto fermo, in campo l’avete visto, ma lo è anche nello spogliatoi­o. Per noi è fondamenta­le e speriamo possa esserlo soprattutt­o sabato».

Per Gigi Buffon, intervista­to dall’Uefa, è «la furia». Il suo impatto sulla stagione è stato di 29 gol: 20 in campionato, 7 in Champions, 2 in Supercoppa. Si è «riposato» solo in Coppa Italia, anche perché ha giocato poco, solo 173 minuti, neanche due partite. Vuole tornare a casa e per farlo vuole chiudere (in bellezza) il cerchio. «Lavoriamo per arrivare pronti alla finale». Vincere la seconda Champions dopo quella con il Manchester United. Non cerca un’affermazio­ne personale, non crede alle contrappos­izioni personali. Crede nel «noi» di contiana memoria. «Io contro Messi? Bisogna parlare di più della sfida tra Barça e Juventus che di quella tra di noi». Vista dall’Apache con la valigia, quella di sabato non è una partita da zavorrare con timori e preoccupaz­ioni. «Le pressioni sono le stesse, per entrambi». Tevez ha la coscienza del cammino. «È’ stata dura arrivare fin qui: vogliamo fare una grande gara. Tutti i giocatori della Juve daranno il massimo per vincere la Champions League». E dopo? Vayas con Dios. Qualunque sia la destinazio­ne.

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