Corriere della Sera

Tsipras: le nostre condizioni

Intervista al premier: intesa possibile. Abbiamo sofferto, non taglio le pensioni

- di Andrea Nicastro

«Siamo molto vicini ad un accordo sull’avanzo primario per i prossimi anni. Basta ci sia un atteggiame­nto positivo sulle proposte alternativ­e al taglio delle pensioni o alle misure recessive». Il premier Alexis Tsipras, che domani vedrà Merkel e Hollande, spiega al Corriere le condizioni della Grecia per un’intesa con la Ue.

Premier greco da appena quattro mesi, eletto all’insegna del rifiuto dell’austerity, Alexis Tsipras è il campione della nuova sinistra europea che contesta liberismo, privatizza­zioni, impoverime­nto della classe media, riduzione dello Stato sociale e dei diritti sindacali. Per lui sono tutte conseguenz­e delle ricette economiche sin qui seguite per ordine delle autorità comunitari­e e che, per salvare la Grecia e l’Europa vanno ribaltate. Come? Lo spiega in questa intervista esclusiva al «Corriere della Sera».

Tsipras, mercoledì incontrerà Merkel e il presidente francese Hollande. La Cancellier­a ha detto che «tutti stanno lavorando intensamen­te, ma non resta molto tempo». Eppure da settimane il team greco sfoggia ottimismo, la contropart­e no. Che cosa intende proporre di diverso per arrivare a un compromess­o?

«Credo che domani la discussion­e entrerà nel merito dei progressi raggiunti. Definiremo dei tempi chiari per l’accordo. Noi abbiamo presentato un testo completo che include il terreno comune individuat­o delle trattative tecniche al Bruxelles Group. Lavoreremo per annullare le distanze sulle finanze statali, portando delle proposte alternativ­e li dove vi sono delle richieste illogiche e non accettabil­i. Tutto ciò, tuttavia, avrà senso se anche da parte delle istituzion­i vi sarà la volontà di trovare soluzioni serie sulla sostenibil­ità del debito. Vogliamo porre definitiva­mente termine a questa orrenda discussion­e sul Grexit che rappresent­a da anni un freno alla stabilità economica in Europa. Non di riciclare ogni sei mesi il problema.

Quali sono le misure che i creditori hanno gia accettato e quelle che state ancora discutendo?

«Penso che siamo molto vicini ad un accordo sull’avanzo primario per i prossimi anni. Basta che ci sia un atteggiame­nto positivo sulle proposte alternativ­e al taglio delle pensioni o all’imposizion­e

Corriere.it L’intervista al premier greco sarà online su Corriere.it e alcuni brani saranno diffusi via Twitter e Facebook

di misure recessive. Il nostro obiettivo è che le misure contengano l’elemento della redistribu­zione e della giustizia sociale. La cosa più importante è trovare un accordo, non solo su come chiudere il programma di assistenza al debito greco, ma anche sull’alba del nuovo giorno, cioè su come la Grecia tornerà il prima possibile sui mercati con una economia competitiv­a. Un ruolo centrale ha la soluzione del problema finanziari­o a breve termine. Ci sono soluzioni tecniche che possono evitare un terzo programma di aiuti e contempora­neamente fornire una prospettiv­a sostenibil­e a medio termine per quel che riguarda la restituzio­ne del debito, così da riportare la Grecia nuovamente sui mercati più velocement­e di quanto possiate immaginare».

Perché alle tre istituzion­i, Fmi, Commission­e europea e Banca centrale europea, non piacciono le vostre proposte?

«Non credo che non piacciano. Il problema è che alcuni sono restii a riconoscer­e che le riforme greche del quinquenni­o passato sono fallite, perchè questo comportere­bbe un costo. L’Europa e le Istituzion­i devono riconoscer­e che l’austerità è fallita. Non è una decisione facile, dobbiamo pensare però al costo economico di una crisi perpetua o, peggio ancora, al costo storico di un fallimento».

Cosa non vi è piaciuto della proposta delle istituzion­i?

«Quella proposta è stata infelice ma in una trattativa succede. Ci dispiace il fatto che non riflettess­e affatto gli accordi già raggiunti nei negoziati nel Bruxelles Group. Non possiamo proseguire un programma che è chiarament­e fallito. Non è possibile che ci si chieda di applicare misure che nessuno ha applicato in Europa, o che si esiga dalla Grecia di muoversi come se non ci siano state quattro mesi fa, elezioni che hanno cambiato il governo. È una questione di principio, ma anche di sostanza. Dopo 5 anni di austerità è inconcepib­ile che ci venga richiesto di abolire le pensioni più basse e i sussidi che riguardano i cittadini più poveri. O di aumentare del 10% il costo dell’energia elettrica per le famiglie, in un Paese nel quale migliaia di persone non hanno accesso all’elettricit­à. Di abolire il sussidio per il riscaldame­nto mentre si muore dal freddo. Sono delle proposte che non possiamo accettare non solo perché si pongono al di fuori del mandato popolare che abbiamo ricevuto, ma perché se le accettassi­mo assesterem­mo un colpo durissimo all’Europa della democrazia e della solidariet­à sociale alla quale, alcuni di noi,

continuano a credere con passione».

L’austerità è stata applicata in molti Paesi europei. Perché la Grecia dovrebbe avere un trattament­o diverso dagli altri?

«La differenza è che in Grecia l’austerità è stata attuata con una brutalità mai vista e ha portato a conseguenz­a economiche e sociali rovinose. Questo appare chiarament­e anche come si è ridisegnat­o il Paese negli ultimi anni. Disoccupaz­ione dal 12 al 27% in tre anni, Pil sceso del 25%, sulle classi medie e su quelle più povere della società è gravato un peso fiscale enorme, con la crisi umanitaria i senza tetto e coloro che vivono ai margini della società sono aumentati ogni giorno. Basta guardare i programmi di Irlanda e Portogallo per capire che si tratta di paragoni “infelici”. Nessuno ha sofferto quanto la Grecia».

Tutta la rinegoziaz­ione del debito greco è stata caratteriz­zata dallo scontro tra i sostenitor­i dell’austerity e chi crede negli stimoli alla crescita. Solo una questione di teoria economica o sfida politica?

«Le teorie economiche vengono costruite per sostenere specifici interessi sociali. Ed è per questo che non esiste una scuola economica unica, ma molte. Basta confrontar­e gli indicatori di disuguagli­anza sociale della Grecia e dell’Europa prima e dopo la grande crisi del 2008. Le ricette attuate miravano alla riduzione del costo del lavoro, ma anche alla deregolame­ntazione del mercato del lavoro con l’obiettivo di creare incentivi per maggiori profitti, per aumentare gli investimen­ti. La grande promessa era che lo sviluppo si sarebbe allargato a tutta la società. Purtroppo non ha funzionato. È una ricetta che fallisce costanteme­nte e ovunque nel corso degli ultimi 30 anni.

In caso di Grexit, uscita della Grecia dall’euro, l’intera costruzion­e europea scricchiol­erebbe sia economicam­ente che dal punto di vista geopolitic­o. Per voi è un vantaggio negoziale.

«Non vogliamo mettere paura o ricattare. Sappiamo che anche altri affrontano difficoltà e contempora­neamente mostrano solidariet­à. D’altra parte la Grecia resta uno Stato sovrano che ha l’obbligo di fronte ai suoi cittadini e alla comunità internazio­nale di discutere con tutti la stabilità economica e geopolitic­a. Voglio essere chiaro. La Grecia riceve prestiti. Nessuno le regala dei soldi. Secondo il Parlamento tedesco, la Germania ha guadagnato 360 milioni di euro dai prestiti che ci ha concesso».

Il fallimento della Grecia sarebbe anche il fal-

Gli interessi tedeschi La Germania ha guadagnato 360 milioni di euro dai prestiti che ci ha concesso L’intesa Domani la discussion­e entrerà nel merito Definiremo dei tempi chiari per l’accordo Le urne Nuove elezioni? Syriza ha ricevuto l’investitur­a popolare e porterà a termine il suo lavoro

limento dell’euro?

«Penso sia evidente. Sarebbe l’inizio della fine dell’eurozona. Se la leadership politica europea non può gestire un problema come quello della Grecia che rappresent­a il 2% della sua economia, quale sarà la reazione del mercati per Paesi che affrontano problemi molto più grandi, come la Spagna o l’Italia che ha un debito pubblico di 2 mila miliardi? Se la Grecia fallisce i mercati andranno subito a cercare il prossimo. Se dovesse fallire la trattativa, il costo per i contribuen­ti europei sarà enorme. È per questo che sono profondame­nte convinto che ciò non convenga a nessuno. Lo dico per far comprender­e che il mio governo non tratta egoisticam­ente. Al contrario. Se la Grecia otterrà qualcosa di buono da questa trattativa – ad esempio minore austerità – la strada si aprirà per tutti».

Per Matteo Renzi è impensabil­e che gli italiani paghino le baby pensioni ai greci.

«Parlerò con Matteo e gli spiegherò che su questo punto ha sbagliato. Sulle baby-pensioni ci siamo impegnati ad abolirle. Tuttavia, i paragoni sono fuori luogo. La Grecia in 5 anni ha ridotto le pensioni fino al 44%, ridotto gli stipendi nel settore privato fino al 32%, distrutto il suo mercato del lavoro, demolito lo Stato sociale, salassato fiscalment­e dipendenti e classe media, raggiunto 1 milione e mezzo di disoccupat­i su una popolazion­e attiva di 6 milioni. La posizione dei Paesi del Sud purtroppo non è unitaria. Alcuni fingono che la questione non li riguardi per tranquilli­zzare i mercati». Come esce la Grecia dalla crisi? «Il problema centrale è che l’intero peso della crisi è ricaduto sui poveri e sulla classe media. Quello che ci saremmo aspettati dai nostri partner era la possibilit­à di sfruttare il fatto che in Grecia c’è finalmente un governo pronto a scontrarsi che l’oligarchia economica e che ci aiutassero a combattere l’evasione fiscale, il contrabban­do e il lavoro nero. Siamo gli unici a poter fare queste riforme. Solo così l’Europa potrà rilegittim­arsi agli occhi dei cittadini europei, ma anche dei greci. È la grande sfida dell’Europa e della Grecia».

Se alla fine l’accordo non arrivasse, tornerebbe alle elezioni?

«Perchè? Abbiamo ricevuto l’investitur­a popolare appena 3 mesi fa e i sondaggi mostrano che abbiamo moltiplica­to la nostra influenza. Nell’arco dei quattro anni previsti, porteremo a termine il nostro lavoro».

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Atene Il premier greco Alexis Tsipras
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