La ricetta del Grande Imam: «Occidente meno arrogante Oriente meno ossessionato»
Ma poi difende la flagellazione del blogger in Arabia
Non l’ha ancora incontrato di persona, ma il Grande Imam di Al Azhar è un grande ammiratore di Bergoglio. «Con l’arrivo di papa Francesco, abbiamo notato un cambiamento di clima, un miglioramento. Abbiamo constatato che questa è una persona che serba nel suo cuore il rispetto per le altre religioni, che ha come priorità i poveri, i diseredati e i Paesi in cui manca la pace. A questo punto, si è creata una convergenza totale con gli obiettivi di Al Azhar», racconta ai giornalisti Ahmed Al Tayyeb giunto dal Cairo a Firenze, per la conferenza organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio «Oriente e Occidente, dialoghi di Civiltà».
«La mia speranza è che l’Occidente diventi meno campanilista e arrogante, e che l’Oriente sia meno ossessionato e sospettoso, affinché entrambi si incontrino a metà strada, e che sia un incontro di conoscenza reciproca, di affetto, di scambio di esperienze e di benefici», ha proposto nel suo discorso. «C’è un Islam forte, appoggiato dalla tradizione, che vuole comunicare con l’Occidente. Capofila è Al Tayyeb», spiega il fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi.
Il dialogo non è sempre stato facile. Nel 2011, dopo la strage dei copti in Egitto, il capo spirituale sunnita — imam del più prestigioso istituto di formazione e istruzione sui principi e sul magistero islamici — congelò i rapporti con il Vaticano dopo che Benedetto XVI chiese ai governi mediorientali di adottare misure urgenti per proteggere i cristiani: Al Tayyeb lo trovò fuori luogo e rispose che anche i musulmani sono vittima di ingiustizie e del terrorismo. «Quando abbiamo visto che le nostre parole non erano state recepite, abbiamo deciso di congelare tutto fino a tempo debito», dice. «In fondo quello che chiediamo è il rispetto per una religione professata da un miliardo e 600 mila persone».
A Firenze — la sua prima visita in Europa — parla dell’illegittimità dell’Isis, che rifiuta di definire Papa Francesco Con il nuovo Pontefice abbiamo notato un cambiamento di clima Rispetta le altre religioni «Stato islamico». «Li chiamo movimenti armati, sono dei fuoriusciti dall’Islam e una sfida per il pensiero e il magistero islamico». È un discorso che ha avviato alla Mecca a febbraio, proponendo di ripensare anche l’insegnamento islamico per impedire la diffusione di interpretazioni errate ed estremiste dei testi sacri.
Nei mesi scorsi Al Azhar, insieme a «rappresentanti delle Chiese orientali, dell’Islam sciita, dell’Islam sunnita e persino yazidi», ha chiesto all’Occidente «di capire la distinzione tra i movimenti armati che si celano sotto le mentite spoglie dell’Islam e l’Islam vero, la religione retta». D’altro canto, afferma oggi che anche «gli orientali, sia musulmani che cristiani, hanno dinanzi un compito gravoso: modificare la loro visione dell’Occidente e degli occidentali, quel sentimento diffuso improntato a paura, insicurezza, timore di essere danneggiati».
Però, non sembra pronto ad affrontare fino in fondo il tema dell’accettabilità nella sharia di pene come la crocifissione o le amputazioni. Dopo che l’Isis bruciò vivo il pilota giordano, il Grande Imam disse che i miliziani meritano la crocifissione. «È sorto un equivoco: non abbiamo emanato una condanna a morte né chiesto ai governanti di ucciderli, ma abbiamo ricordato la sentenza prevista nella sharia per chi uccide, violenta, ruba i beni altrui e caccia le persone dalle loro case. L’ultima parola comunque spetta ai governanti e non ricordo che nessuno sia mai stato condannato alla crocifissione».
A una domanda sulle 1.000 frustate imposte al blogger saudita Raif Badawi replica: «Sono qui isolato dal mondo in una stanza con l’aria condizionata e non conosco gli ultimi sviluppi. Ma è una sentenza per un reato: tutti gli altri testi sacri e le leggi più moderne contengono misure repressive nei confronti dei criminali. Aggiungo che siamo qui per un sincero dialogo Oriente-Occidente e una delle condizioni basilari del dialogo è che ognuna delle parti rispetti le tradizioni dell’altra».