Il fattore Kurdistan
Dall’ingresso nel Parlamento turco alla resistenza all’Isis in Iraq e Siria Una nazione-chiave in Medio Oriente
un fattore di stabilità in una regione squassata da guerre civili e divisioni feroci. Eppure la loro storia nel ventesimo secolo è stata una serie di illusioni tramontate, effimere indipendenze e una frammentazione che ne ha fatto una popolazione senza nazione, divisa tra gli Stati usciti dalla dominazione coloniale e costruiti su mosaici confessionali ed etnici. Con un’estensione poco più grande dell’Italia, il territorio curdo percorre la regione settentrionale della Mesopotamia, tra Turchia, Iran e Iraq, e in parti più piccole anche Siria e Armenia. I curdi parlano dialetti diversi ma tutti appartenenti alla medesima famiglia iranica che nulla ha a che vedere con l’arabo. Ovunque hanno sopportato isolamento e negazione della loro stessa esistenza. Ma le loro stesse divisioni politiche hanno non poco contributo a indebolirne le rivendicazioni, almeno fino a queste ultime vicende.
Il Kurdistan è un esempio in piccolo della realtà del mondo musulmano: la popolazione è in maggioranza sunnita all’interno della quale ci sono minoranze sciite e cristiane, oltre a Festa A Istanbul sostenitrici del partito procurdo Hdp festeggiano l’entrata in Parlamento l’appartenenza islamica contro Erdogan.
La politica internazionale è estremamente prudente nei confronti delle rivendicazioni curde e assiste quasi con stupore a queste ultime evoluzioni. Alla stabilità del Kurdistan iracheno e alla resistenza di Kobane in Siria, ora si aggiunge la vittoria politica di Demirtas e dell’Hdp, che ha mostrato una moderazione e capacità di frenare le ambizioni di Erdogan senza eguali. Ad oggi i curdi paiono la popolazione musulmana della regione più coesa e unita. Forse non basterà a dare vita a una nazione curda, soprattutto per l’opposizione iraniana, ma certo, nel crollo delle nazioni del Vicino Oriente, questa potrebbe essere una tentazione neppure troppo azzardata.