Spara e uccide la compagna davanti alla figlia di 7 anni
Roma, l’uomo si è suicidato. La bambina ha telefonato ai fratelli
Testimone dell’omicidio - suicidio è stata la figlia di sette anni della coppia, la prima a chiamare i soccorsi
«Tornate a casa, subito: mamma e papà si sono sparati!». La bimba lo urla per telefono. È disperata non può calmarsi. Ha visto tutto, non è potuta scappare da quel corridoio maledetto. Avrebbe voluto fare qualcosa ma non ha potuto. Nessuno forse avrebbe potuto. Un brivido corre sulla schiena del fratello diciannovenne all’altro capo del telefono sul campo di calcetto di un circolo poco lontano. Con lui ci sono anche gli altri due fratelli. Tutti e tre si precipitano così come stanno, in calzoncini e scarpini, nella villa di famiglia a Valle Castagna, alle porte di Riofreddo — paese di 900 abitanti fra Lazio e Abruzzo — ma al loro arrivo ci sono già i carabinieri.
Quello che i ragazzi e la loro sorellina di 7 anni temevano si è avverato, all’improvviso, domenica sera: dopo l’ultimo litig i o il padre, Samuele Sebastiani, allevatore di bestiame cinquantenne, ha ucciso a colpi di pistola la compagna Nicoletta Giannarusto (47) e si è poi sparato alla tempia.
I militari dell’Arma lo hanno trovato ancora vivo, ma la sua agonia è durata fino a ieri mattina quando è morto all’ospedale San Salvatore dell’Aquila, portandosi dietro il motivo che l’ha spinto a premere il grilletto contro la madre dei suoi quattro figli e la donna con la quale stava insieme da almeno 20 anni. Una follia che, secondo gli accertamenti dei carabinieri di Subiaco, sarebbe la conseguenza estrema di un’escalation di tensione e violenza fra le mura domestiche. Anche i parenti della coppia avevano
Albenga
Il 2 giugno scorso ad Albenga (Savona) un delitto simile a quello di ieri a Riofreddo: un egiziano di 51 anni, Mohamed El Mountassir, uccide a coltellate la moglie Loredana Colucci, 41 anni. Poi l’uomo si è ucciso accoltellandosi al ventre
Anche in Liguria l’unica testimone del delitto è stata la figlia della coppia, undici anni, che è stata la prima a dare l’allarme. Mohamed aveva da poco patteggiato una condanna a due anni per maltrattamenti nei confronti di Loredana e aveva potuto lasciare il carcere perché incensurato capito che fra i due era cambiato più di qualcosa.
La vittima, una casalinga pugliese, madre di un ragazzo di 27 anni avuto da un precedente matrimonio, era da poco tornata a casa dopo aver trascorso quattro o cinque giorni lontano dal compagno. Un allontanamento volontario che avrebbe ufficializzato la crisi tanto che Sebastiani, sempre per i carabinieri, sospettava che lei avesse un’altra relazione.
Forse da poco l’aveva anche scoperto, dopo che per parecchio tempo la donna aveva comunque cercato un riavvicinamento con il suo uomo. Ma nulla era cambiato. Anzi: dalle testimonianze raccolte dagli investigatori dell’Arma è emerso che in passato l’allevatore, nato e cresciuto a Riofreddo, conosciuto negli ambienti dei Armi in pugno Samuele Sebastiani, con un fucile da caccia. Per il delitto l’uomo ha usato una pistola: tutte le armi ritrovate nella sua casa erano denunciate regolarmente cacciatori della zona, avrebbe preso a schiaffi la compagna durante le liti che scoppiavano. Anche se poi non c’erano mai state denunce, nè allo stato ci sarebbero referti di pronto soccorso. Ma con il passare delle settimane la situazione è peggiorata, fino all’epilogo di domenica. Oltre a Sebastiani e alla sua compagna in casa c’era la figlioletta di sette anni. Gli altri fratelli erano andati a giocare a pallone.
La lite è scoppiata poco prima delle dieci di sera ed è durata solo qualche attimo: in corridoio Sebastiani ha tirato fuori la pistola — che deteneva regolarmente con un fucile da caccia — e ha sparato tre colpi contro la donna, uccidendola all’istante. L’ultimo proiettile alla tempia, forse per finirla, ma questo dovrà stabilirlo l’autopsia in programma domani a Roma all’istituto di medicina legale del Policlinico di Tor Vergata. Poi Sebastiani ha deciso di farla finita sotto gli occhi della sua bambina.