L’identità di Maniero e i 50 sindaci (ignari) «Io anche premiato»
Targa dall’ex presidente della provincia di Bari
scelte drastiche: «Sto pensando di chiudere tutto, di andare via, di richiedere nuovamente la protezione. Ma non so ancora cosa fare...».
Il primo problema è sua figlia: «Lei è molto legata al posto dove viviamo, ha qui gli amici, le piace la scuola, è bravissima e non posso sradicarla. Capisce?». La ragazza sa tutto di lui. «Ho dovuto dirglielo un po’ per volta, con i dovuti modi, assistiti da una psicologa. La piccola è molto intelligente: chiedeva e io rispondevo con onestà. L’ultima domanda è stata terribile: è vero che hai ucciso? E io gli ho spiegato come funzionava a quei tempi». Ma non c’è solo la questione affettiva: «No, c’è pure un problema economico. Anche se tutti pensano che io sia miliardario, garantisco che il mio lavoro non mi arricchisce. Sono un piccolo imprenditore e ho i problemi della categoria: dipendenti, tasse, fatturato scarso, amministrazioni che non pagano. Non posso prendere e spostarmi su due piedi».
C’è un’altra grana. «I sindaci mi stanno chiamando perché vogliono chiarimenti sulle certificazioni e i bollini di qualità delle casette. Io dico tranquilli, ho tutto, figuriamoci se vado a rischiare di finire dentro un’altra volta a sessanta e rotti anni. Il bollino del ministero l’ho messo perché c’era stato il parere favorevole del direttore generale delle Politiche agricole. Quando mi hanno fatto capire che non potevo averlo non ho fiatato e l’ho tolto. Ma non è una cosa necessaria, solo un plusvalore. Poi ci sono le altre componenti, i filtri, che io compro già certificati perché voglio altissima qualità».
Spuntano situazioni grottesche. Come quella dell’ex presidente della Provincia di Bari, Francesco Schittulli, chirurgo e guida della Lega italiana per la lotta ai tumori, che ha premiato Felice Maniero con tanto di targa. «Ho donato un autobus alla Provincia per il trasporto dei disabili. Quel giorno c’erano anche il vescovo e varie autorità, Anni Novanta Felice Maniero, l’ex boss pentito della Mala del Brenta, in un bar del centro di Milano a metà degli anni Novanta (Fotogramma) oltre ai giornalisti. Ma io non vorrei coinvolgere altre persone, mi hanno dato una targa, mi ha fatto piacere e per me è finita lì. Anche perché loro non sanno del mio passato».
Vent’anni di rapine, sequestri, omicidi. Poi ha collaborato, ha sgominato l’organizzazione che vantava centinaia di uomini, dai topi d’appartamento ai luogotenenti. Alcuni dei quali gliel’hanno giurata. «Ora sanno dove lavoro, complimenti. Io non temo per la mia pelle ma per quella dei miei cari». Il suo avvocato, Luca Ricci, ricorda «la finalità rieducativa della pena e il diritto ad essere dimenticato». Maniero ha scontato 17 anni (11 in carcere) ma la sua vera condanna è proprio questa: il puntuale, implacabile ritorno del passato.