Salgono i consumi ma i commercianti: la ripresa ? Non l’abbiamo vista
Uno: bene i contratti aziendali e territoriali ma il contratto nazionale non si tocca. Due: ci sono, sì, segnali di ripresa dei consumi ma il mondo del commercio e dei servizi non se ne è accorto. Perciò serve una convinta riduzione della pressione fiscale. Questo manda a dire il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli con l’assemblea dell’associazione che si è tenuta ieri a Milano. Il messaggio ha due destinatari. Il governo da una parte. Dall’altra Confindustria che nell‘assemblea del 28 maggio aveva auspicato un’accelerazione verso il decentramento contrattuale. Ieri l’auditorium della fiera di Milano era gremito (tremila persone secondo gli organizzatori, molti in piedi). Standing ovation finale per Carlo Sangalli, eletto a marzo per il terzo mandato. Contestazioni e qualche fischio, invece, per il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi «colpevole» di aver esordito annunciando che «la recessione è alle spalle» e di aver parlato degli 80 euro in busta paga come di «una delle più grandi misure per rilanciare i consumi». I numeri parlano e raccontano in effetti di consumi in crescita dello 0,3% nel primo trimestre di quest’anno dopo l’8% perso negli anni della crisi. Lo stesso indicatore dei consumi di Confcommercio (Icc) segnala un più 0,5% ad aprile rispetto a marzo. Ma la calda platea di Confcommercio non si accontenta degli zero virgola. E allora il ministro recupera l’uditorio mettendo da parte il discorso scritto e parlando a braccio: «Siete la spina dorsale e il sistema nervoso del Paese. Ammetterete che questo governo ha messo a disposizione una cassetta degli attrezzi di interventi che prima non esisteva, a partire dalle agevolazioni sulla bolletta energetica». Guidi ha ammesso che «la pressione fiscale è troppo alta». Prospettive: «La faremo scendere. E non scatteranno le clausole di salvaguardia». Oltre le polemiche, il messaggio inedito dell’assemblea resta quello su contrattazione e rappresentanza. Perché Confcommercio si tiene stretto il contratto nazionale? La risposta è nell’intervento di Sangalli: «Il contratto nazionale è un valore per quella miriade di imprese che non possono o non vogliono negoziare un contratto direttamente in azienda». Inoltre: «Nel nostro contratto del terziario c’è già la possibilità per le imprese di ritagliarsi un vestito su misura». Ultimo ma forse più importante: «Il contratto nazionale si porta dietro un importante sistema di welfare» (solo il fondo sanitario Est nel commercio ha 1,8 milioni di lavoratori iscritti, ndr;).
Sangalli ha anche sollevato la questione della rappresentanza: «Troppo spesso abbiamo assistito alla comparsa di soggetti che con numeri irrisori pretendono di rappresentare una categoria». Di fronte al governo il presidente di Confcommercio ha difeso i corpi intermedi: «Associarsi è un diritto costituzionale, non un’ambizione corporativa. In questi anni di crisi noi soli siamo stati vicini agli imprenditori». «Il territorio siamo noi». E’ questo il messaggio dell’assemblea di Confcommercio che in sé raccoglie tutti gli altri. Come dire: la grande impresa delocalizza, le piccole e piccolissime no. La loro presenza significa coesione sociale. E anche consenso. Per chi lo sa conquistare.