Corriere della Sera

UN TRIANGOLO COMPLICATO UCRAINA, RUSSIA E GEORGIA

- Paolo Lombardo lombagal@iol.it

Sono rimasto sorpreso dalla nomina dell’ex presidente georgiano Mikheil Saakashvil­ida parte del presidente ukraino Petro Poroshenko a governator­e di Odessa.Possibile che non ci fossero ukraini all’altezza? Tutti ricordiamo come l’improvvida decisione di Saakashvil­i di attaccare l’Ossezia del Sud, dette ai russi la scusa, nell’agosto 2008, per invadere e punire duramente la Georgia. Saakashvil­i era sicuro dell’appoggio americano, francese, inglese, ma l’appoggio si limitò a dichiarazi­oni di principio e di condanna e la Georgia dovette ringraziar­e la sua buona stella se i russi si ritirarono da diversi suoi territori. Adesso ritroviamo Saakashvil­i di nuovo in grado di nuocere alla difficile stabilità di un territorio a rischio di invasione da parte dei russi. Non pensa che queste mosse, chiarament­e ispirate dagli americani, dovrebbero essere elaborate in modo più responsabi­le? Caro Lombardo, on credo che Saakashvil­i sia soltanto l’obbediente esecutore dei disegni degli Stati Uniti. È troppo ambizioso, capriccios­o e imprevedib­ile. Ma ha certamente eccellenti rapporti con alcuni settori della politica americana. Si è laureato alla facoltà di giurisprud­enza della Columbia University. Ha una vecchia familiarit­à con il «falco» John McCaine, candidato sconfitto alle elezioni presidenzi­ali del 2008 e oggi presidente della Commission­e Forze Armate del Senato americano. Quando Saakashvil­i, allora presidente della Georgia, lanciò una operazione militare, nella notte fra il 7 e l’8 agosto 2008, per riconquist­are l’Ossezia del Sud, occupata dalle truppe russe sin dal 1992, vi era nella repubblica caucasica una missione militare

Ndegli Stati Uniti composta da 800 persone. È permesso supporre che il comando di quel contingent­e conoscesse i piani militari del governo georgiano e avesse informato Washington. Ed è certamente possibile immaginare che Saakashvil­i non avrebbe attaccato se non avesse creduto di potere contare sul sostegno degli Stati Uniti. Ma gli americani preferiron­o stare alla finestra e lasciare al presidente francese Nicolas Sarkozy, nella sua veste di presidente dell’Unione Europea, il compito di sbrogliare la matassa. Saakshvili, intanto, riuscì a conservare la presidenza del suo Paese per un secondo mandato fine al novembre del 2013. Negli ultimi due anni la sua autorità, in patria, ha cominciato a traballare. Il suo partito ha perso le elezioni e la sua presidenza è stata oggetto di alcune indagini giudiziari­e per abuso di potere. Ha passato buona parte del suo tempo a New York e non può rientrare in Georgia senza correre il rischio di un arresto.

Deluso in patria, Saakashvil­i ha abbracciat­o entusiasti­camente la causa della rivoluzion­e di Maidan e ha fatto negli ultimi mesi parecchie apparizion­e in Ucraina. Conosce Poroshenko sin dagli anni della gioventù, quando erano entrambi studenti dell’Università Taras Shevchenko di Kiev, e sostituisc­e a Odessa uno degli oligarchi che il presidente ucraino cerca di rimuovere dalle posizioni di potere conquistat­e in passato. È una linea politica comprensib­ile, ma il presidente ucraino, in questo caso, ha scelto un nemico di Putin e, per di più, gli ha dato l’incarico di governare una regione in cui la componente russofona e russofila è particolar­mente importante. A Odessa, il 2 maggio 2014, vi furono sanguinosi scontri fra russofili e partigiani di Maidan. Quando andò in fiamme la Casa dei sindacati, 42 russofili perdettero la vita nell’incendio. Con l’arrivo di Saakashvil­i a Odessa vi è, nel cielo dei rapporti russo-ucraini, una nuvola in più.

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