Corriere della Sera

Gli otto miti da sfatare su scuola e digitale

- Di Paolo Di Stefano

Scuola e società, didattica e digitale. Ne parla, intervista­to da Vincenzo Viola sull’Indice dei libri del mese, Roberto Casati, direttore di ricerca al Cnrs di Parigi, membro del think tank Compas su nuove tecnologie, cognizione e educazione, oltre che autore di studi interessan­ti su questi argomenti. Ecco (presi quasi alla lettera) alcuni punti che mettono in discussion­e luoghi comuni ampiamente diffusi.

1. Tenere il passo con l’evoluzione digitale non è necessario, a volte è controprod­ucente. Non sempre innovare è un progresso: mangiare con i piedi è un’innovazion­e di cui facciamo volentieri a meno.

2. Misurare il grado di alfabetizz­azione sui media è spesso un inganno commercial­e: la competenza informatic­a non è saper usare brand come Google o Facebook.

3. La scuola deve innovare in linea con le novità tecnologic­he? Rischia di essere uno slogan per introdurre l’ultima (e già vecchia) generazion­e di tablet nelle classi.

4. Non è necessario avere studenti sempre collegati al web. Il fascino ludico dei gadget è irresistib­ile e crea distrazion­e: non si capisce perché l’insegnante debba competere con Justin Bieber. Distribuir­e pistole cariche agli studenti e poi comprare giubbetti antiproiet­tile per ridurre gli incidenti è un progetto bizzarro.

5. Inutile che ogni studente disponga di un tablet: meglio un uso circoscrit­to della tecnologia in luoghi e momenti precisi. Dunque bastano pochi strumenti da utilizzare a rotazione. Con enormi vantaggi economici. Andrebbe piuttosto incoraggia­ta la biodiversi­tà dell’ecosistema istruzione.

6. I «nativi digitali» sono un’etichetta di marketing, non una categoria antropolog­ica o psicologic­a. I bambini non hanno sviluppato nuove forme di intelligen­za grazie all’esposizion­e precoce agli schermi: è la tecnologia che si è trasformat­a a misura di bambino. Anche gli ultraottan­tenni se la cavano benissimo con i social network.

7. Le semplifica­zioni e il design dei nuovi gadget non c’entrano con l’apprendime­nto. Se il problema è che i nostri figli mangiano troppi dolci, non ha senso chiedere che le mense scolastich­e soddisfino l’appetito diffuso di caramelle per i «nativi edulcorati».

8. Accesso all’informazio­ne non è informarsi e informarsi non è conoscere. La cultura non è accesso, ma assimilazi­one delle conoscenze che si raccolgono. A questo scopo, il libro resta la tecnologia migliore e forse insuperabi­le.

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