Disertori fucilati: il progetto di legge
Angelo Panebianco ( Corriere, 27 maggio) assimila a «generico pacifismo cristiano» il voto unanime della Camera al progetto di legge Scanu, Zanin sui disertori fucilati nella Prima guerra. Altri Stati hanno da anni deciso le riabilitazioni ed eretto monumenti ai loro fucilati. Siamo promotori di un appello al presidente della Repubblica, al ministro della Difesa e altri, per la riabilitazione dei soldati italiani della Grande guerra fucilati per mano amica, perché vengano annoverati fra coloro che caddero per la loro patria. Datato 4 novembre 2014, firmato da 101 nomi della cultura e dell’impegno civile, esso ha avuto l’apprezzamento dei presidenti Napolitano e Mattarella e l’attenzione degli studiosi. Apprezziamo il rispetto di quegli esseri umani che ha animato i più di 50 proponenti la legge. A chi li ha studiati, i processi risultano spesso sommari. Dietro le accuse c’erano spesso semplici atti di indisciplina o fatti non commessi. La disobbedienza di chi aveva già dimostrato il suo valore non fu ribellione contro la guerra, ma contro ordini insensati. Il progetto di legge affida alla magistratura militare il compito di annullare quelle sentenze. Nulla a che vedere con l’umana pietà, ma segno di civiltà giuridica e morale. La ricerca, iniziata almeno nel 1968 (E. Forcella, A. Monticone, Plotone d’esecuzione) ha appurato un migliaio di esecuzioni, cifra superiore a quella di altri Paesi, nonostante che l’Italia abbia combattuto 10 mesi in meno e il numero dei suoi soldati fosse minore. La diserzione è stata il gesto di chi non ha potuto respingere ordini insensati, pena le decimazioni a caso e per dare l’esempio, o il fuoco su chi non trovava la forza di proseguire. A 100 anni dalla guerra è doveroso rileggere i capitoli «mistificati» della Grande