Corriere della Sera

Felicità Juventus «Anno straordina­rio»

Bilancio del presidente Agnelli: «Grazie a Max e alla squadra». Attacchi a Lega e Figc

- DAL NOSTRO INVIATO Roberto Perrone © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

TORINO «Una stagione stra-ordi-na-ria». Tappetini nuovi, arbre magique. La sala conferenze dello Stadium è tirata a lucido per il discorso sullo stato dell’unione juventina di Andrea Agnelli al termine dell’anno sociale («che ci rende estremamen­te orgogliosi » ) più splendente della sua presidenza. Appuntamen­to alle 9.30 del mattino nel ventre dello Stadium. Accanto al bollino della Coppa Italia (la Decima non avrà simboli particolar­i sulle maglie) e dello scudetto 33, secondo la numerazion­e bianconera, resta vuoto lo spazio per la Champions.

«Usciamo con sensazioni miste da Berlino. Il tifoso è deluso perché una finale come questa la si gioca per vincere. Però la dimensione europea della Juventus è tornata quella che auspichiam­o. È vero, abbiamo il maggior numero di finali perse, 6 su 8, però in finale ci siamo andati e questo vale. Non è la partita dell’altro ieri che ci dà più rammarico. Altre avevano aspettativ­e diverse: penso a Manchester con il Milan, ad Atene con l’Amburgo, a Monaco con il Borussia Dortmund. Quelle lasciano l’amaro in bocca, ma le sfide con Ajax o Barcellona non erano così scontate, si sarebbero potute anche perdere». Agnelli da positivo a realista. «Per il futuro vorrei un girone più tranquillo, lavoriamo per andare di nuovo in fondo, però non pensiamo che siccome Milano è a 124 km ci arriveremo facilmente».

Si alternano ringraziam­enti, consapevol­ezze, stilettate. Ai dirigenti più vicini (Marotta, Paratici, Nedved per la parte tecnica; Mazzia e Calvo per quella economico-commercial­e), alla squadra, allo staff di allenatori, Allegri su tutti. «Ringrazio Massimilia­no per il suo coraggio, siamo partiti di qui, il 16 luglio, in un momento difficile con una forte pressione sulla guida tecnica. Lui si è inserito in punta di piedi con il suo staff riuscendo ad entrare subito in sintonia con quella che era già una squadra molto forte. A volte una società viene divisa tra dirigenti, tecnico, giocatori. Per me conta il gruppo. Tutti sono utili, nessuno è indispensa­bile».

Il futuro poggia su una base solida. «Il risultato di 315 milioni di fatturato a fine 2013-14 ci permette di affrontare le grandi potenze europee. Dobbiamo gestire bene la nostra potenza di fuoco, garantendo la continuità della crescita e della competitiv­ità della squadra. Non cerchiamo investitor­i all’estero, non ne abbiamo bisogno, e io sto bene dove sto. Di mio ho portato la cultura del lavoro, alla Juventus si lavora tantissimo. Il nostro obbiettivo è arrivare competitiv­i a primavera e ci siamo riusciti. Poi non sempre si vince, ci sono anche episodi negativi, come a Berlino».

Agnelli non si sente isolato, in Italia, per mancanza di concorrenz­a. «Abbiamo fatto il nostro mestiere, arrivando a 87 punti. Mi preoccuper­ei se si vincesse il titolo a 68/70». Sugli avversari, ma rimarca la « sintonia » con Pallotta e Thohir (chiamato per nome, Erick) sulle questioni politico-struttural­i del calcio. Ecco, qui resta in minoranza. «Ma continuo a portare avanti le mie idee: mancano gli impianti, come possiamo attirare i campioni stranieri senza stadi nuovi o ristruttur­ati in modo importante? Penso a una Lega in mano agli imprendito­ri e a una federazion­e più sportiva, guidata da ex calciatori. Manca il progetto, si pensa a 1-2 milioni subito e non ai 10 di domani. Ed è per questo che la nostra finale e le semifinali in Europa League di Fiorentina e Napoli non sono un successo del sistema calcio Italia, ma di queste società che hanno lavorato bene». Il primo affondo. E, strettamen­te legato a questo, nessun ripensamen­to o pacificazi­one con la Figc riguardo alle azioni legali per l’affaire 2006. «Resto della mia opinione».

Ne ha una, perplessa, sui 500 milioni di Mister Bee per il Milan. «Per il momento Fininvest ha comunicato solo di avere aperto un dialogo formale. Certo, si leggono numeri impression­anti, ma non sempre quel che si legge è la verità. Però se guardo ai bilanci, faccio fatica a trovare una quadra a questi numeri». Il mercato? Agnelli sposta il tiro su Marotta, però fa i nomi dei giovani, da quelli che ci sono già, Morata «il più determinan­te in Champions» e Pereyra, a quelli appena arrivati, Dybala, a quelli che arriverann­o, Rugani. La Juventus ha già voltato pagina.

Il risultato di 315 milioni di fatturato ci permette di affrontare le grandi potenze europee. Dobbiamo gestire bene la nostra potenza di fuoco, garantendo la continuità della crescita e della competitiv­ità della squadra Le Coppe europee Finale e semifinali non sono un successo del sistema calcio Italia, ma di club che lavorano bene

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dai giocatori del Barcellona
ai rivali della Juventus al termine della finale di Champions League vinta dai blaugrana
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Omaggio L’onore delle armi concesso dai giocatori del Barcellona ai rivali della Juventus al termine della finale di Champions League vinta dai blaugrana (Ipp)
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Presidente Andrea Agnelli, 39 anni, n. 1 della Juve

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