Corriere della Sera

«Io non lascio ma qualcuno prima o poi dovrà darmi spiegazion­i»

«Quella dell’inchiesta è una vicenda dolorosa, vorrei solo lavorare»

- DAL NOSTRO INVIATO Alessandro Bocci

Sorpreso dalla Juventus e ferito per la piega che ha preso l’inchiesta di Cremona. Antonio Conte è una centrifuga di emozioni, che si alternano e si accavallan­o, che lo spronano e in certi momenti lo deprimono. La sfida di venerdì alla Croazia è un impegno forte, la stima manifestat­a dal presidente della Repubblica Mattarella un’iniezione di energia assoluta. Ma il calcioscom­messe resta un capitolo buio, una spada conficcata dentro al petto dell’allenatore: «Una vicenda molto dolorosa». Frase che nel corso dell’intervista ripete come un mantra quattro volte. Perché su certe cose non si scherza. «Ogni volta che si parla di questa vicenda vengono fuori il mio nome e la mia faccia. Sono quattro anni che va avanti così». E si è stufato. Perché è sicuro della propria innocenza, indignato per come viene tirato ripetutame­nte in ballo. «Sono consapevol­e che la giustizia ha i suoi tempi, ma qualcuno prima o poi dovrà darmi delle spiegazion­i».

Conte spera di essere prosciolto, in alternativ­a chiede un giudizio rapido e certo. La sua idea è rimanere alla guida della Nazionale e ieri, dopo oltre due mesi di silenzi e mugugni, lo ha ribadito: «Periodicam­ente vengono fuori voci sul mio futuro. Ho già detto che avrei rispettato il contratto e non devo ogni volta fornire rassicuraz­ioni. Vorrei solo lavorare». In pace, gli verrebbe da aggiungere ma sa che non è possibile. Però approfitta dell’occasione per smentire con forza l’ipotesi di mollare la Federazion­e durante l’estate per una squadra di club. «Non è mai esistita». Anche per riè spetto al presidente Tavecchio con cui il feeling è intatto al di là dei problemi che hanno lastricato il cammino in questo primo anno azzurro.

Ma Conte è così deluso e affranto per essere finito al centro dell’indagine del pm Di Martino da non poter escludere un passo indietro se dovesse finire a processo proprio sotto l’Europeo. Oggi alle dimissioni non ci pensa e lo ripete più di una volta: «Ma non ho bisogno di stimoli dolorosi per far bene». È la frase centrale della sua intervista dopo settanta giorni di riflession­i laceranti, di guerre interiori, di inevitabil­i sbalzi di umore. «Ho anche subìto una perquisizi­one, l’inizio dell’incubo» e mentre parla quasi si estranea, forse rivedendo le immagini di quei giorni tremendi.

Si fa forza pensando che non solo. La Federazion­e è dalla sua parte, gioca con lui la partita più difficile. E le parole affettuose di Mattarella hanno fatto breccia: «Mi hanno responsabi­lizzato». Gli occhi d’improvviso si illuminano e riparte, motivato e accanito: «Non voglio andare all’Europeo soltanto per partecipar­e ma per fare qualcosa di importante», dice con uno scatto d’orgoglio. Oggi è difficile, anzi impossibil­e, capire cosa sarà di questa Nazionale tra 12 mesi. Soprattutt­o se davvero ci sarà Antonio Conte a guidarla. Possiamo anticipare che la sua volontà è quella. Lui fa sogni e progetti, a settembre aprirà anche il suo sito Internet ufficiale. Ma bisogna vedere cosa succederà da qui ad allora, se la Procura di Cremona lo rinvierà a giudizio e eventualme­nte quale sarà la reazione dell’opinione pubblica e dei politici di turno, sempre a caccia di una vetrina. Conte è un uomo orgoglioso e non intende vivere l’Europeo barricato dentro al suo fortino come fece magistralm­ente Lippi durante il Mondiale 2006.

La Juve è l’altro capitolo forte dell’intervista che inaugura la settimana croata. Conte, con sincerità, ammette che non avrebbe immaginato il viaggio all’Olympiasta­dion della sua vecchia squadra. «E non perché ne avessi sottovalut­ato i valori. Ho lavorato tre anni a Torino e conosco la forza dei giocatori, del presidente, della prop r i e t à . D e t to q u e s to i bianconeri sono andati oltre ogni previsione. Pensavo che in finale potessero andarci nel giro di due o tre anni e invece hanno accorciato i tempi. Mi auguro che Berlino sia un punto di partenza per la Juve e per il calcio italiano. Perché non dimentico neppure le semifinali di Europa League di Napoli e Fiorentina e l’eccellente percorso europeo del Torino».

Non voglio andare all’Europeo soltanto per partecipar­e ma per fare qualcosa di davvero importante Mi auguro che Berlino e anche le semifinali europee siano una ripartenza per il calcio italiano Pensavo che la Juve potesse andare in finale tra 2 o 3 anni, invece ha accorciato i tempi

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