Ostelli, parrocchie e case di privati L’arrivo in sordina dei pullman dal Sud
Venti ore in bus fino a Veneto e Lombardia. Riunioni tra prefetti per smistarli
Arrivano da Trapani, Agrigento, Vibo Valentia, Siracusa, Messina, Crotone. Scendono dai pullman nelle città del Nord dopo quindici venti ore di viaggio, entrano negli uffici immigrazione delle questure, poi risalgono e finiscono in caserme, in ostelli, nelle strutture messe a disposizione dalla Caritas, dalle parrocchie, dalle cooperative, dai privati. Alcuni li ospitano in casa, nelle loro famiglie, ma sono casi rari e spesso devono fare i conti con l’ostilità dei vicini e dei sindaci, come a Ponte di Piave, nel Trevigiano, dove il primo cittadino Paola Roma «appresa la notizia di 9 profughi accolti da un cittadino in un’abitazione di Borgo Rinaldini — scrive telegrafica in un comunicato — e considerata la sicurezza e le norme sanitarie non posso acconsentire la dimora»; o come nel caso di Claudio Salmaso, imprenditore di Teolo (Padova) che si è preso in casa, dove vive con moglie e figlio quindicenne, dieci ragazzi provenienti da Senegal, Gambia e Mali. «Volevo fare qualcosa di utile e mi sono ritrovato in mezzo a mille accuse». Il sindaco del paese euganeo, Moreno Valdisolo, la spiega così: «La gente è preoccupata per le facce nuove».
E facce nuove se ne sono viste molte anche a Bresso, il contro di smistamento per la Lombardia, organizzato con grandi tende: 200 nuovi arrivi e tutto esaurito. A Milano c’è poi il fenomeno parallelo di chi viaggia autonomamente, che ieri ha avuto un’impennata: 260 siriani ed eritrei, un centinaio accolti dal Comune, gli altri hanno dormito in stazione. Seicento in tre giorni, 10 mila da inizio anno. Un altro esodo.
I numeri sono crescenti, in linea con l’agenda del Viminale che ha programmato un piano di redistribuzione dei migranti da Sud a Nord: 520 da accogliere in Lombardia, 735 in Veneto, 485 in Piemonte, 350 in Liguria, 120 in Toscana, 80 a Bolzano, 30 a Trento, in Emilia-Romagna 50 e 100 in Valle d’Aosta. La scelta è governativa e le Prefetture si adeguano cercando ogni tipo di sistemazione, invitando nuovamente i sindaci a «individuare disponibilità alloggiative» e cercando di non diffondere troppi dati sulle destinazioni per evitare tensioni sociali e politiche.
I fronti sono due. Da una parte c’è il ministro dell’Interno Angelino Alfano e le Prefetture che collocano silenziosamente gli arrivi; dall’altra i governatori
A Padova L’imprenditore: «Ho ospitato dieci ragazzi in casa mia, mi sono trovato sotto accusa»
leghisti e forzisti che avendo alzato disco rosso ai nuovi migranti cercano di fermare l’ondata. Le parti non comunicano. «Ho saputo che 100 profughi si stanno sistemando in appartamenti privati a Eraclea e che altri 380 sono in arrivo per nuove mete — dice Luca Zaia, governatore del Veneto —. La rappresaglia di Renzi e Alfano contro il Veneto è scattata. Risponderemo con atti formali: giù le mani dagli appartamenti e dagli hotel delle zone turistiche».
Il suo «collega» lombardo Roberto Maroni ha invece scritto ai Prefetti per chiedere di «sospendere le assegnazioni dei Comuni» e ha promesso premi «ai Comuni che rifiutano i clandestini». «Lettere a governatori e prefetti? Ma siamo seri» è stato il commento del ministro degli Interni Alfano. Il Pd e i 5 Stelle accusano invece Maroni di «alzare i toni per coprire i suoi guai giudiziari».
Ma gli appelli ai prefetti sono rimasti per il momento inascoltati e Lombardia e Veneto hanno proceduto al collocamento. Il clima è però caotico. Ieri mattina Montebelluna si è svegliata con quattordici nuovi ospiti nigeriani che non sapevano dov’erano. Giacevano fiacchi sotto un sole cocente sul piazzale degli autobus. « Abbandonati a se stessi e buttati lì come pacchi postali — ha raccontato il sin- daco Marzio Favero —. Ho scoperto che erano stati destinati a Mogliano ma Mogliano ha detto no. Poi li hanno caricati a Treviso per spedirli da noi, così, senza avvisarci. Nel pomeriggio li abbiamo portati altrove».
La Marca è fra le province più calde sul fronte dell’immigrazione, con 76 profughi da sistemare ieri e altri 70 previsti per oggi. Il Prefetto, Maria Augusta Marrosu, ha così deciso
A Milano Già esaurito il centro di smistamento di Bresso, centinaia accampati in Stazione Centrale
di riaprire una caserma vicina al centro facendola sistemare in tutta fretta con 200 brande.
Mentre poco più in là, a Povegliano, ecco la storia di Antonio Silvio Calò, un docente del liceo classico cittadino che ha accolto in casa un gruppo di sei profughi. Calò vive con la moglie e figlio. Userà il contributo governativo per pagare la signora che si occuperà della gestione della casa e dei profughi. «L’ho fatto in accordo con i vicini che mi hanno dato la loro solidarietà». Da quanto gli risulta, in Prefettura, non c’erano altre offerte come la sua.