Corriere della Sera

Un uomo con mille maschere: i sogni di Adele e delle altre

Il viaggio di Lella Ravasi Bellocchio, analista junghiana, nella mente femminile

- Di Giuseppina Manin

Isogni delle donne attraversa­no deserti di fuoco e mari insidiosi. Si inoltrano nel profondo di Paesi stranieri, calpestano tappeti di stelle luminose. I sogni delle donne parlano di amore e morte, di bimbi partoriti e bimbi mai nati, di incontri erotici con sconosciut­i, di incesti trasversal­i. Lella Ravasi Bellocchio, che nella sua lunga militanza analitica junghiana di sogni ne ha sentiti di ogni tipo, come Sherazade ne inanella uno dopo l’altro a formare una lunga collana onirica di perle opalescent­i e tenebrose. Memorie del sottosuolo, sedimenti arcaici, film della notte. Che a volte ci aiutano, altre ci ingannano, talora ci illuminano.

Sogni come modalità di conoscenza al femminile che, avverte Lou Salomé, esige «fiori sul tavolo e nell’anima». Ravasi Bellocchio comincia con lo sfogliarne uno tutto suo, di tanti anni fa. Mentre è impegnata nel training junghiano sogna Musatti, caposcuola freudiano. Una visione che la spingerà a incontrarl­o, a frequentar­lo in un percorso di parallela intensità scientific­a e umana. E poi i sogni delle pazienti. Di Adele che «vede» un uomo dalle mille maschere sul viso, di Luciana che deve arrampicar­si su pareti di vetro, di Caterina che non trova i vestiti giusti e resta nuda... Mentre Angela, che mai si è concessa alla passione, ritrova l’altra se stessa in un incubo degno di un quadro di Füssli, l’amplesso con un uomo dal fallo lunghissim­o, sottile come uno scettro.

Bestie feroci e tunnel pericolosi popolano i sogni delle donne in gravidanza, mentre chi ha abortito si ritrova a fare i conti con l’ombra del figlio mai nato. Strazianti i sogni del lutto. La cognizione del dolore a volte passa attraverso un rito iniziatico, in un cimitero nascosto in un bosco, a volte riaffiora con un sapore antico, le crocchette di spinaci di cui mamma, dall’aldilà onirico, dà la ricetta.

Infine l’acqua, elemento cardine del femminile, simbolo umettante della psiche, trabocca nei sogni delle donne, specie di quelle dietro le sbarre. Ravasi Bellocchio, che ha lavorato con alcune detenute del carcere milanese di San Vittore, riferisce di fiumi, mari, pozzangher­e limacciose. Segni evidenti di un’angoscia che non si sa come affrontare. Al terapeuta il compito di accompagna­re nella lettura. «Il sogno non si interpreta, si costruisce insieme», sostiene l’autrice. Il sogno va accolto, osservato con la meraviglia con cui si legge un messaggio in bottiglia arrivato da chissà dove. Ponte tra conscio e inconscio, vivi e morti. Mondi non contrappos­ti, che sconfinano e si intreccian­o. Il sogno, terra di nessuno, dà accesso a tutti.

«Bisognereb­be fare dei nostri sogni la trama di una nostra fiaba», suggerisce l’autrice. Da mettere accanto alle fiabe degli altri, in una stupefacen­te mille e una notte collettiva.

I temi Amori e lutti, bimbi mai nati e bimbi partoriti, incontri erotici con sconosciut­i La studiosa «L’esperienza onirica non si interpreta, si costruisce insieme. Dobbiamo farne la trama di una fiaba»

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