Nella nave dopo il rogo Ecco le prime immagini
Le carcasse delle auto e la trousse ancora intatta Nelle foto appena scattate sulla Norman Atlantic gli inquirenti cercano la testimonianza decisiva
La richiesta La compagnia Anek ha chiesto alla Procura di cancellare il logo dalla nave: cattiva pubblicità
Lo zainetto a forma di ape è intatto, dentro i quaderni, le matite e i giochi di chissà quale bambino. Oggetti vivi, se così si può dire. Anche l’iPad sembra integro, si contende lo spazio con un paio di ciabatte da viaggio e una valigia aperta. Vivi, anche questi. Una trousse piena di smalti per unghie è in un altro punto non raggiunto dal fuoco, lo stesso angolo che ha lasciato «vivere» un pacchetto di sigarette e un mazzo di chiavi ormai arrugginite. Sul ponte più alto è viva anche la scaletta di salvataggio aggrovigliata alla ringhiera ed è ancora intera gran parte della plancia di comando, dove per terra è rimasto un biberon.
Ma è davanti agli oggetti «morti» che prendono forma le immagini più drammatiche, quelle raccontate dai sopravvissuti. Le fotografie mostrano una fila impressionante di carcasse di automobili, soffitti crollati, liquami che formano pozze su pavimenti deformati dal calore, zone nelle quali è difficile capire che cosa sono state le lamiere che ora sono accartocciate e incollate le une sulle altre. Le pareti non sono più pareti, niente è più quel che era. Gli occhi planano su cose incenerite, carbonizzate, fuse. E con tutta probabilità non si saprà mai se e quante persone ci fossero fra quelle cose.
Il relitto del traghetto Norman Atlantic così non si era mai visto.
È ormeggiato nel porto di Bari e due giorni fa per la prima volta sono saliti a bordo tutti assieme periti, consulenti, avvocati e magistrati che si stanno occupando dell’inchiesta. Sono arrivati in punti finora inesplorati. E hanno scattato fotografie, girato filmati. Ogni immagine un dettaglio che racconta la fuga di centinaia di persone (a bordo ufficialmente ce n’erano 499), scatti che evocano il panico, la fretta di salire fino al ponte più alto, fino alla salvezza. Era l’alba del 28 dicembre 2014 e il Norman, partito dalla Grecia in direzione di Ancona, all’improvviso si ritrovò a navigare avvolto dalle fiamme. Un incendio partito dal garage del ponte quattro (motivi ancora sconosciuti) divampò con tale violenza da rendere tutto incontrollabile nel giro di pochi minuti e quando i soccorritori finirono di lavorare si contarono 11 cadaveri, 18 dispersi ufficiali e un numero imprecisato di clandestini a bordo.
Il professor Bruno Neri, ingegnere salito sul Norman per conto del Codacons ( che in questa storia è parte civile con l’avvocato Vincenzo Rienzi), ipotizza che fra le tante cose che non hanno funzionato, quella mattina possa esserci «il generatore di emergenza che non ha fatto il suo lavoro» e si dice colpito dal fatto che ci sia «un odore di fumo ancora molto forte lì dentro. Fumo e qualcos’altro di sgradevole e indefinito, magari quel che è rimasto delle grandi quantità di cibo che la nave trasportava. Soprattutto pesce, anche vivo, che era quello da vendere per i cenoni di capodanno...».
Dopo quasi sei mesi, dentro l’aria è irrespirabile e ciò che si vede è devastazione. Da fuori e da lontano, invece, il Norman sembra avere le sole ferite lasciate dalle scie di fuoco sulle fiancate. Il nome e le scritte Anek (la compagnia di navigazione greca che ha noleggiato il traghetto) si vedono però ancora bene e la Anek preferirebbe invece che il fuoco e il fumo le avessero nascoste, per evitare che il suo marchio legato a quel relitto porti pubblicità negativa. Per questo ha chiesto alla procura di Bari il permesso di cancellare il suo logo dal Norman.
«Non vogliono che quella parola si veda dalle grandi navi da crociera che passano lì accanto, soprattutto in vista della stagione estiva» conferma un’avvocatessa del team Giustizia per il Norman Atlantic, Alessandra Guarini. «Che lo sappiano però: possono anche cancellare le scritte, quello che non gli riuscirà è cancellare la memoria della tragedia e delle vittime. Faremo di tutto per non lasciare questa storia nel limbo dei casi di serie b in cui pare essere relegata».