Corriere della Sera

C’ERANO UNA VOLTA I SUPER SINDACI

- Di Antonio Polito

Dov’èfinita la rivoluzion­e dei sindaci, che negli anni Novanta cambiarono il volto della politica italiana? Oggi — travolti dal malaffare, accerchiat­i dai faccendier­i, fischiati in piazza, commissari­ati dal governo — sono impotenti e impopolari.

Che cosa succede ai sindaci? Travolti dal malaffare, accerchiat­i dai faccendier­i, fischiati in piazza, commissari­ati dal governo. Impotenti e impopolari. Dov’è finita la rivoluzion­e dei nuovi eroi che cambiarono il volto della politica italiana negli anni Novanta, grazie all’elezione diretta? Nel Duemila Rutelli, al massimo del suo splendore capitolino, gestiva da sindaco il Giubileo; ora è Marino il giubilato. Nella Napoli in cui Bassolino riceveva con Berlusconi i Sette Grandi, adesso arranca de Magistris, spogliato di ogni potere su un terzo del suo territorio, commissari­ato dall’immensa area di Bagnoli fino al Porto. Nella Venezia del doge Cacciari, oggi si vota per scegliere chi sostituirà Orsoni, il sindaco arrestato e dimessosi esattament­e un anno fa per lo scandalo del Mose. A Milano Pisapia ha perfino rinunciato a provare il bis. A Genova c’è già stato l’affondamen­to del Doria, spazzato via da un’alluvione. A Bologna è in corso il silurament­o del Merola, sotto il fuoco, per così dire amico, del suo stesso partito. E a Salerno, è bene ricordarlo, governa un vicesindac­o nominato, il capo staff di De Luca, e non perché quest’ultimo sia stato eletto governator­e, ma perché già prima un tribunale l’aveva giudicato decaduto, oltre che condannato.

Vent’anni fa i sindaci rappresent­arono una risposta dal basso alla crisi dello Stato dei partiti, picconato da Tangentopo­li. La prima elezione diretta della storia d’Italia fece da valvola di sfogo all’antipoliti­ca e la trasformò in un conato di rinnovamen­to, di rifondazio­ne della politica. Oggi invece sono proprio i sindaci la prima trincea della crisi di uno Stato senza più partiti. Perché?

La prima risposta sono i soldi. Ce ne sono molti meno che allora. Usciamo da sette anni di guai e di recessione. Lo Stato centrale è più famelico che mai e divora i fondi un tempo destinato ai Comuni. L’arma dei sindaci, la personaliz­zazione, gli si è ritorta contro: oggi viene imputato loro tutto ciò che non va nelle città, anche quando possono poco.

Il secondo motivo sono le primarie. Non sempre vince il migliore, anzi. Ignazio Marino è stato giudicato più adatto a governare Roma di Paolo Gentiloni, che adesso fa il ministro degli Esteri. Doria ha battuto la Pinotti, considerat­a abbastanza brava da fare il ministro della Difesa e forse perfino il capo dello Stato ma non il sindaco di Genova. Paradossal­mente è stata proprio l’estensione massima della democrazia diretta a inceppare il meccanismo. Le primarie bruciano quel po’ di classe dirigente che i partiti riescono ancora a selezionar­e. A chi vince non restano che gli scarti, i signori delle tessere e delle preferenze, gli imbroglion­i che usano la politica per fare affari.

Infine il terzo motivo: il tempo. Un quarto di secolo dopo la gente non pensa più che la storia si possa cambiare dalla periferia: quando il gioco si fa duro la partita si gioca nello Stato centrale, perché è di lì che passano quel poco di risorse e di decisioni ancora concesse alla sovranità nazionale. Così anche l’antipoliti­ca si è ri-nazionaliz­zata, e oggi si chiama Grillo, o Salvini.

Non a caso le istituzion­i del decentrame­nto sono tutte in crisi: le Province abolite, le Regioni screditate e disertate nelle urne, i Comuni sotto la sferza dei giudici e del malcontent­o. Oggi fare il sindaco è un mestiere pericoloso ed effimero. Perfino Renzi è stato lesto a lasciare la sua città durante il primo mandato per conquistar­e il centro, e oggi riporta a Roma risorse e poteri (con le gestioni commissari­ali dell’Expo, di Bagnoli, del Giubileo). Dando vita proprio lui, il sindaco d’Italia, a una stagione di neocentral­ismo.

Neocentral­ismo Quello di primo cittadino è un mestiere pericoloso Persino Renzi oggi riporta a Roma risorse e poteri

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