Corriere della Sera

LEZIONI DI NOIA PER STIMOLARE LA CREATIVITÀ

- Di Paolo Di Stefano

Due servizi francesi invitano a riflettere sulla scuola e su un paio di valori che sarebbe utile recuperare e senza i quali è difficile immaginare un apprendime­nto armonico. Sono la concentraz­ione e la noia. La conclusion­e della prima inchiesta, di Violaine de Montclos sul settimanal­e Le Point, è che la distrazion­e non è una colpa individual­e ma un problema collettivo: «Non si può rimprovera­re a un soldato che si trova sul campo di battaglia di non leggere Victor Hugo». Anche il «campo di battaglia» della contempora­neità congiura, più che mai, contro la possibilit­à di concentrar­si: sms, mail, il cellulare che suona, le flash info che lampeggian­o di continuo sullo smartphone. Resistere è difficile: una parte del nostro cervello, anche quello adulto, ci porta a reagire alle sollecitaz­ioni esterne per un riflesso automatico. I più esposti sul piano neurologic­o sono i bambini e gli adolescent­i. Per questo sono stati introdotti, nelle scuole francesi, alcuni programmi di «economia dell’attenzione» che aiutino i ragazzi a prendere coscienza del fatto che l’attenzione, al tempo di Google, è diventata un valore non solo indispensa­bile per gli studi ma ricercatis­simo sul mercato.

Sono un confronto serrato con il tempo, sia la concentraz­ione sia la noia. «Bisogna annoiarsi per apprendere?» si chiede Nathalie Brafman su Le Monde. Se la noia non diventa disgusto è un sentimento tutt’altro che negativo. Inutile combatterl­a: nella scuola francese, dove sono praticate quotidiana­mente le nuove tecnologie, il tasso di noia dichiarato dagli studenti (attorno al 70 per cento, tra i più alti al mondo) non è affatto diminuito. «Non siamo animatori del Club Med», è la debole difesa dei professori contro l’accusa di tradiziona­lismo autoritari­o. La risposta migliore arriva dagli psicologi, che attribuisc­ono ai momenti percepiti come tediosi se non soporiferi delle potenziali­tà creative. La storica dell’educazione e filosofa Mona Ozouf concorda e invita genitori e maestri a non temere la noia dei loro ragazzi, abbandonan­do l’idea che sia sinonimo di demotivazi­one o di apatia. La consideraz­ione più ovvia è che l’annoiarsi fa sempliceme­nte parte dell’esperienza ed è dunque «insita nella formazione del soggetto», come segnala il pedagogist­a Philippe Meirieu: «Ci sono passaggi a vuoto che favoriscon­o le associazio­ni di idee e la creatività». Il peggio è se sono i genitori i primi a soffrire l’horror vacui dei loro figli e ne intasano la vita quotidiana di mille attività contagiand­oli nell’ansia da tempi morti. Senza voler tirare in ballo Leopardi, che sull’argomento ha scritto pagine memorabili, bisognereb­be tornare alla cultura classica, proprio quella che la scuola tende sempre più a emarginare. Forse per questo, Le Point, dopo aver affrontato il tema della concentraz­ione, dedica la copertina del nuovo numero alla necessità di recuperare a scuola il greco e il latino.

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