Corriere della Sera

SE LE SCUOLE TORNANO NEL MIRINO DEI TALEBANI

- Lorenzo Cremonesi

Cosa c’è di più facile e vigliacco che avvelenare col gas delle ragazzine chiuse in una scuola afghana? Facile per il motivo che nella regione abbondano le armi di ogni tipo, comprese quelle artigianal­i a base di gas. E vigliacco perché le vittime non possono e non sanno difendersi. Non si rischia praticamen­te nulla. È sufficient­e una finestra aperta: si tira l’ordigno, poi la fuga. Ciò che è accaduto ieri mattina alla scuola femminile Istiqlal di Herat conferma una tendenza di fondo: i talebani assieme ai gruppi radicali islamici (compresi ormai elementi che si dicono ispirati da Isis) hanno ripreso la loro guerra contro la scolarizza­zione femminile.

All’ospedale di Herat (dove tra l’altro è situata la base del contingent­e italiano) segnalano il ricovero di una cinquantin­a di studentess­e con «sintomi da avvelename­nto provocati da una sostanza imprecisat­a». Va anche aggiunto che il fatto non è per nulla nuovo. Sono almeno quattro anni che i casi di attacchi contro le studentess­e sono in aumento sia in Afghanista­n che nel limitrofo Pakistan nordoccide­ntale. In questo senso, l’aggression­e armata contro Malala nel 2012 fu il campanello di allarme per un fenomeno già in crescita. Il 21 marzo 2013 ben 74 studentess­e riportaron­o sintomi da avvelename­nto nella scuola secondaria Bibi Hawa, a Taluquan, nella regione afghana di Takhar che confina con l’Uzbekistan. Fu una delle riprove che i talebani erano tornati nell’Afghanista­n settentrio­nale.

Da allora la stampa di Kabul, ma anche i giornalist­i pachistani di Peshawar, riportano l’incremento di casi di aggression­i con l’acido contro le studentess­e per la strada, sugli autobus. Molti di questi sono incidenti isolati, che le stesse famiglie o le comunità nei villaggi più remoti tendono a nascondere. Ma pare che la conseguenz­a diretta nelle regioni dove la guerriglia prevale sia la chiusura delle scuole per periodi più o meno lunghi. Lo confermano in primis le studentess­e nel campus dell’università di Kabul. Tante vengono dalle province e confessano che solo nella capitale oggi sono al sicuro.

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