Accordo con il gigante Alibaba: stop al falso cibo «made in Italy»
Intesa tra il ministero dell’Agricoltura e la società e-commerce che serve il 60% dei cinesi
ROMA Avete mai visto il parmigiano con i buchi, tipo groviera? Non esiste, certo. Ma fino a pochi giorni fa era sugli scaffali virtuali di Alibaba, il grande sito di e-commerce che vende in tutto il mondo e distribuisce il 60% dei pacchi in arrivo nelle case dei cinesi. Era, per fortuna. Perché l’annuncio del parmigiano con i buchi è stato appena cancellato. È il primo risultato dell’accordo chiuso nei giorni scorsi tra il ministero delle Politiche agricole e il portale cinese per proteggere i prodotti italiani da truffe e semplici furbate. Una goccia in quel mare chiamato contraffazione? Mica tanto. Il parmigiano con i buchi, naturalmente falso perché prodotto in Turchia, veniva offerto in quantità più che industriale: sull’annuncio il fornitore dichiarava una «supply ability», cioè una capacità di fornitura, di 5 mila tonnellate al mese. Quasi la metà di tutto il Parmigiano Reggiano, vero e senza buchi, prodotto in Italia sempre in un mese. Non briciole, ma un danno potenziale enorme di immagine, di soldi per le nostre imprese, di posti di lavoro.
Solo nel settore agro alimentare il fatturato del falso made in Italy ha superato i 60 miliardi di euro l’anno. Quasi il doppio di quanto l’Italia incassa con le esportazioni sugli stessi prodotti originali. Non ci sono soltanto i prodotti chiaramente falsi, come il parmigiano con i buchi, o l’altro annuncio oscurato in questi giorni su Alibaba: una mozzarella sudafricana con una «shelf life», cioè una durata, di due anni. Ma anche il cosiddetto italian sounding, presunte prelibatezze che arrivano da altri Paesi ma con un nome che sembra italiano: il Barollo (con due elle), il Brunello di Monticino, fino al famoso Parmesan degli Stati Uniti, che in Brasile diventa Parmesao e in Argentina Regianito. Fenomeni in crescita che, finalmente, ci vedono al contrattacco. «L’Italia - dice il ministro per le Politiche agricole Maurizio Martina - è il primo Paese al mondo a poter vantare un modello di intervento a protezione dei suoi prodotti » . L’accordo con Ali Baba segue quello chiuso quasi un anno fa con l’altro grande sito di ecommerce, eBay. Da quando è partito, gli interventi per bloccare le vendite di prodotti falsi o di italian sounding sono stati più di 300, per un valore che supera i 60 milioni di euro. Anche qui in cima alla classifica della concorrenza sleale è il finto parmigiano, compreso un terrificante « Cheese making kit» per fare a casa con gli stessi ingredienti non solo il parmigiano ma anche il Gouda e la Feta. Ma vanno fortissimo pure il vino e i suoi derivati, come un fantasioso Aceto balsamico di Modena bianco.
Resta da capire perché i due colossi dell’e-commerce hanno deciso di fare questo passo. Dietro i prodotti Dop, a denominazione di origine protetta, e Igp, Indicazione geografica protetta, - ci sono più di 300 mila imprese. Per la loro valorizzazione, in Italia, sta per essere firmato un protocollo con la grande distribuzione. Ma nel resto del mondo la protezione di questi marchi è garantita dalla legge solo all’interno dell’Unione europea, non fuori. Alibaba e Ebay avrebbero potuto procedere a un oscuramento «selettivo» degli annunci, fermando le consegne solo verso l’Europa. E invece hanno scelto - una volte verificate le segnalazioni che arrivano dall’Ispettorato repressioni frodi del ministero - di rimuovere del tutto gli annunci falsi. Finora questo avveniva solo per i marchi di alcune grandi aziende private, come Nike, Canon, Microsoft. Il ministero delle Politiche agricole è la prima istituzione pubblica a chiudere un accordo del genere.