Corriere della Sera

Marco Masseti racconta un’oasi rinascimen­tale in «La fattoria di Lorenzo il Magnifico» (Pentalinea) In abbandono la cascina dei Medici Dove giraffe e zibetti erano di casa

- Di Gian Antonio Stella

è q u a l co s a d’immorale nel non voler soffrire per la perdita della bellezza, per la patria rotolante verso chi sa quale sordido inferno di dissoluzio­ne, non più capace di essere lume nel mondo». Lo scriveva oltre trent’anni fa, nel 1983, nel suo libro Un viaggio in Italia, Guido Ceronetti. Il quale davanti a certe immagini di abbandono si sentiva «ruggire di dolore».

E c’è davvero da ruggire di dolore come il poeta e drammaturg­o torinese nel vedere le condizioni disperate, coi tetti scoperchia­ti e le erbacce, in cui versano le Cascine di Tavola. Poco più d’una ventina di anni fa, nel 1992, negli «Itinerari laurenzian­i», ripresi dal sito web del Comune di Prato, era scritto che «nel tratto di pianura compreso fra Poggio a Caiano e Prato», lungo il fiume Ombrone che la separa dai terreni della villa medicea, la fattoria «creata per volontà di Lorenzo il Magnifico» non dire della giraffa mandata in dono a Lorenzo «dal Soldano di Babilonia» che in realtà era il sultano mamelucco d’Egitto ElAshraf Kait-Bey, nel 1487.

I fiorentini rimasero a bocca aperta, raccontano i cronisti, perché quella giraffa «era sette braccia alta, e ’l pié come ’l bue» e così quieta che poteva prendere una mela dalla mano di un bambino. E tanta curiosità sollevò che dovettero portarla in giro per conventi perché la vedessero anche le suore di clausura. Un impazzimen­to tale che il «camelopard­o», com’era chiamata la giraffa, finì addirittur­a nel corteo di una «Adorazione dei Magi» del Ghirlandai­o e nel «Tributo a Cesare» lasciato incompiuto da Andrea del Sarto...

Fondata probabilme­nte nel 1477 con la bonifica di un territorio di 350 ettari bagnato dall’Ombrone, la tenuta fu molto più che una grande fattoria. I radicali interventi urbano-paesaggist­ici voluti da Lorenzo, scrivono (…) Guido Ferrara e Giuliana Campioni, «costituiro­no, e costituisc­ono tutt’ora, il territorio privilegia­to dell’utopia, dove si perpetua l’ideale umanistico di un armonico dominio sulla natura». Prati, boschi, allevament­i, una risaia sperimenta­le…

Insomma, qualcosa di prezioso. Molto prezioso. Ideale per offrire ai turisti colti di tutto il pianeta, da sempre innamorati di Firenze e dei Medici, la ricostruzi­one fedele d’una fattoria come veniva immaginata nelle fantasie rinascimen­tali. Non ce ne sono altre, in giro. Le Cascine (Pentalinea editore, pagine 238, 18, introduzio­ne del professor Carlo Giovanni Violani)

Il libro di Masseti, come indica il sottotitol­o, si occupa dell’esperiment­o compiuto nel XV secolo dai Medici, ospitando animali selvatici e domestici nelle Cascine di Poggio a Caiano (Prato), che oggi si trovano in abbandono

Il libro è stato pubblicato su iniziativa del comune di Poggio a Caiano, del Comune di Prato e del Centro Educazione del Gusto di Prato medicee sono uniche e irripetibi­li.

Perciò lascia esterrefat­ti la cecità «criminale» (aggettivo usato al processo dal pubblico ministero) con cui la soprintend­enza di allora consentì la trasformaz­ione del complesso monumental­e, finito di mano in mano alla società immobiliar­e «Agrifina», in una specie di «Firenze due»: 160 bilocali (alcuni col giardinett­o privato) più un hotel a quattro stelle, un ristorante e parcheggi e negozi, centri benessere e campi da tennis e palestre, fitness, saune…

Solo l’intervento degli ambientali­sti, degli amanti delle belle arti, di Legambient­e e soprattutt­o Italia nostra, che si batte da anni per il recupero della preziosa struttura, fermò la speculazio­ne edilizia. Quando intervenne­ro i magistrati, nel 2008, era tardi: i tetti e i solai erano già stati rimossi. E gli edifici scoperchia­ti rimasero esposti, rovinosame­nte, alle intemperie.

Dice tutto un episodio del 16 febbraio 2011 descritto dal giornale «Il Tirreno»: «Quel giorno davanti al sostituto procurator­e Laura Canovai si presenta la soprintend­ente Alessandra Marino, convocata dal magistrato, e le viene chiesto se e quando fosse stato intimato ai privati di provvedere alla tutela della Fattoria». Cioè almeno alla copertura di tutti gli edifici scoperchia­ti. La risposta della funzionari­a preposta alla tutela di quel gioiello abbandonat­o al degrado gela il sangue: «Ieri».

Il processo agli speculator­i, concluso in primo grado nel febbraio del 2015, è stato un’altra sofferenza. Leggi alla mano (e si sa quanto poco il legislator­e si sia negli anni interessat­o alla tutela del patrimonio culturale) il giudice monocratic­o Monica Jacqueline Magi ha potuto solo disporre la confisca delle cascine e la condanna dell’unico imputato, l’ex rappresent­ante legale della società «La Fattoria Medicea srl», fallita nel 2012, a sette mesi con la condiziona­le. Sette mesi. Due in meno, per un danno di milioni e milioni di euro, rispetto ai nove dati a un immigrato senegalese di 39 anni, rimasto disoccupat­o, mai arrestato e mai fermato prima, per avere tentato di rubare in un supermarke­t di Monza un paio di confezioni di latte in polvere per il figliolett­o appena nato. E l’ex sovrintend­ente che diede il consenso alla lottizzazi­one? Prescritta. Da arrossire…

Torneranno finalmente alla vita, ora, dopo essere state umiliate, le cascine medicee? Solo se il Governo, la Regione, il Comune o qualche mecenate saranno in grado di capire che il recupero di quelle cascine, magari per restituirl­e al ruolo di fattoria modello aperta all’agricoltur­a d’avanguardi­a, alle università e al turismo colto, non è soltanto un dovere verso la nostra storia e ciò che ci hanno lasciato i nostri padri. Ma anche una straordina­ria opportunit­à economica.

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La fattoria di Lorenzo il Magnifico
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