Corriere della Sera

Dal «grazie» di Juliette Gréco alla gratitudin­e di Abbagnato

Il recital di una voce eterna, l’omaggio dell’étoile a Petit

- E. Cost.

La carica dei francesi, ma non solo. Juliette Gréco canta e, con il suo «Mercì», rende omaggio alla lunga storia d’amore che intrattien­e con il suo pubblico da tutta una vita: «Ancora una volta con le parole di altri, con le loro melodie — dice l’icona della Rive Gauche —. Ancora una volta per dirvi fino a che punto vi ami». Bernard-Henri Lévy invece recita in certo modo se stesso nel suo «Hotel Europe», impersonan­do uno scrittore alle prese con il passato e gli interrogat­ivi del presente: «Un monologo interiore — dice il filosofo — tra cose lievi e gravi insieme».

Sono solo due dei personaggi che affollano il cartellone del Festival dei 2Mondi, dal 26 giugno al 12 luglio, per la sua 58esima edizione sotto la guida di Giorgio Ferrara. A cominciare da Bob Wilson e Mikhail Baryshniko­v, ancora una volta insieme in uno spettacolo senza censure, «Letter to a man» (al Caio Melisso restaurato dalla Fondazione Carla Fendi), dedicato allo scandaloso Dio Nijinsky e tratto dai suoi «Diari»: il movimento, le parole, la musica, una totalità espressiva che declina l’avventura umana e artistica del protagonis­ta, Vaslav, nelle molteplici manifestaz­ioni-provocazio­ni.

E a proposito di danza, Eleonora Abbagnato, étoile de l’Opéra di Parigi, porta alla ribalta un commosso omaggio a Roland Petit che per lei «è stato come un padre dal punto di vista artistico: mi ha scoperto, mi ha chiamato al suo fianco e ha saputo come far emergere le mie potenziali­tà». Mentre la coreografa andalusa Sara Baras con «Voces. Suite flamenca» rende onore agli artisti che hanno fatto conoscere e amare quest’arte nel mondo, da Paco de Lucia ad Antonio Gades, da Enrique Morente a Carmen Amaya.

Il calendario teatrale, oltre a Pasolini («Porcile» regia di Valerio Binasco e «Il Vantone» con Ninetto Davoli), si arricchisc­e con Alessio Boni nell’adattament­o scenico de «I duellanti» di Joseph Conrad: un romanzo esemplare dove l’autore polacco racconta, in inglese, una storia tutta francese ai tempi di Napoleone.

Poi Lucrezia Lante della Rovere che, in «Io sono Misia», incarna l’«ape regina dei geni» ovvero la fascinosa Misia Sert, regina di salotti e trasgressi­oni parigine: «Io non partorisco. Io faccio partorire — recita il testo —. Gli uomini hanno bisogno di una sfinge, per partorire la bellezza».

Mentre un altro scrittore, Sandro Veronesi, sale in palcosceni­co con un monologo tratto dal suo ultimo romanzo Non dirlo. Vangelo di Marco (Bompiani), dove Gesù di Nazareth viene rappresent­ato come un «gigante solitario — spiega l’autore — quasi un super eroe da western».

Ancora teatro, inedito e sorprenden­te, con «Kamp» proposto dalla compagnia olandese Hotel Modern che mescola sapienteme­nte arte

Tra le proposte Conrad in scena con Alessio Boni, i monologhi di Veronesi e Lévy, gli show evocativi da Olanda e Russia. Il concerto finale affidato a Jeffrey Tate

visiva, dramma, cinema, modellismo in una dinamica performanc­e evocativa: un enorme plastico in scala del campo di concentram­ento di Auschwitz si allunga minaccioso sul palco per descrivere, tra baracche sovraffoll­ate da piccoli puppets che rappresent­ano i prigionier­i e i loro carnefici, un binario ferroviari­o e il cancello d’ingresso con su la tristement­e celebre scritta «Il lavoro rende liberi», il più grande omicidio di massa della storia.

Dall’Olanda poi si passa alla Russia con «Semianyki Express», spettacolo di mimo e clownerie che, portando il pubblico a bordo di uno stravagant­e treno della fantasia, ha per filo conduttore il tema del viaggio in un universo di rumori e stupefacen­ti giochi di abilità.

E poi ancora dalla Russia all’Irlanda con «The Dubliners», l’articolato progetto di Giancarlo Sepe concepito in ossequio a quattro dublinesi molto speciali: Wilde, Beckett, Joyce, Yeats.

Completa il ricco e articolato programma della rassegna spoletina una vera pioggia di concerti ( quello finale incentrato su Schubert e Brahms, diretto da Jeffrey Tate), di mostre (come quella sui «gessi» di Botero) e rassegne di documentar­i (quello su Amy Winehouse prodotto da Ginevra Elkann).

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foto di Luciano Romano) Lucida follia Mikhail Baryshniko­v e Robert Wilson in «Letter to a man» (

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